Un viaggio di catechesi nella Penisola iberica (1972)

Il Padre sentiva la necessità di predicare la verità a gran voce per combattere la confusione. Decise un piano d’azione. Il progetto prevedeva di percorrere la Penisola iberica, fermandosi nelle località dove sarebbero potute convenire le persone in contatto con le attività apostoliche dell’Opus Dei.

Anni 70. Terminato il Concilio molti si erano lanciati in interpretazioni arbitrarie e azzardate dei suoi testi. Il Padre sentiva la necessità di predicare la verità a gran voce, smuovere molta gente, dare dottrina a piene mani per combattere la confusione. Nell’estate del 1972, decise un piano d’azione. Avrebbe fatto una nuova ‘scorribanda catechistica’, come diceva simpaticamente . Il progetto prevedeva di percorrere tutta la Penisola iberica, fermandosi nelle principali località dove sarebbero potute convenire le persone in contatto con le attività apostoliche dell’Opus Dei. Avrebbe cominciato da Pamplona, dove, all’inizio di ottobre, era in programma un’importante cerimonia accademica, che egli doveva presiedere come Gran Cancelliere dell’Università. L’enorme numero di persone che accorse a ogni incontro superò le più ottimistiche previsioni degli organizzatori e la capacità ricettiva degli ambienti in cui si svolsero le riunioni.

Avrebbe retto la salute del Padre? Nel riassunto della sua storia clinica, figurano in quelle date, oltre ai risultati delle analisi, alcune scarne annotazioni dei medici: “9-X-72: visitato a Pamplona. Trovato bene”. Erano i giorni iniziali della scorribanda. Negli ultimi giorni di permanenza in Spagna, altra visita e altra annotazione: “22-XI-72: visitato a Barcellona. Ha avuto rinite e faringite. Per il resto sta bene, nonostante l’intensissimo lavoro al quale si è sottoposto negli ultimi due mesi”.

San Josemaría fece un viaggio di catechesi per la Penisola Iberica dal 4 ottobre al 30 novembre 1972. Si fermò a Pamplona, Bilbao, Madrid, Porto, Lisbona, Siviglia, Valencia e Barcellona

Dati alla mano, in quei due mesi il Padre ebbe una media di tre o quattro riunioni al giorno, con un gran numero di partecipanti, talvolta varie migliaia di persone. Inoltre ricevette continuamente piccoli gruppi e famiglie, che gli facevano visita a qualsiasi ora del giorno. Agli incontri pubblici parteciparono più di centocinquantamila persone. Fu un viaggio pastorale che mise a dura prova la resistenza fisica del Padre. Poiché però egli non si lamentava, non denunciava malesseri e non mostrava segni di fatica, anzi, era sempre sorridente, disinvolto e disponibile a tutto, tutti erano convinti che stesse benissimo. Per avere qualche dubbio, basta forse leggere ciò che scrisse da Roma al Consigliere della Spagna, dieci giorni dopo il suo rientro: “Penso che sarai molto stanco dopo la botta di due mesi di viaggi per tutta la Penisola”. E gli suggeriva di andare a riposarsi per qualche tempo in un posto tranquillo.

Non gli passò neppure per la testa di prendersi lui un po’ di riposo. In contrasto con l’ottimismo che pervade l’informazione medica di novembre, quattro settimane dopo comparvero sintomi inattesi: elevata velocità di sedimentazione e diminuzione della concentrazione dei globuli rossi, una certa compromissione della funzione renale, tendenza all’aumento dei valori di urea nel sangue, ecc. Anche se in ritardo, l’organismo pagava lo scotto dello sforzo compiuto nella sua attività pastorale; nulla di drammatico, ma le riserve vitali diminuivano.

Pamplona: Vengo a parlare di quello che volete

Video di un incontro di san Josemaría con un gruppo di sacerdoti, a Pamplona, il 6 ottobre 1972

Il 4 ottobre il Padre arrivò a Pamplona dalla Francia, pronto a cominciare la sua catechesi. Passando per Lourdes aveva affidato all’intercessione della Madonna i risultati del viaggio. La prima grande riunione si svolse il giorno 6. Da quel momento, il clima gioioso degli incontri e il tono semplice e affettuoso del Padre, disponibile a rispondere a domande d’ogni genere, li trasformarono in una grande tertulia famigliare. “Vengo a parlare di quello che volete”, cominciò. “Non vi farò una predica. Vediamo se prendete coraggio e tirate fuori i temi che vi interessano”. Rotto il ghiaccio, le domande cominciarono a piovere: “Padre, come ci si accorge della vocazione all’Opus Dei?”, chiedeva un giovane; “Che cosa ci dice per i nostri genitori?”, interveniva una ragazza; “Padre, siamo un gruppo di contadini…”.

Il 7 ottobre presiedette la cerimonia di conferimento delle lauree honoris causa a tre illustri professori: Paul Ourliac, di Tolosa, il marchese di Lozoya, dell’Università di Madrid, ed Erich Letterer, di Tubinga. Il solenne cerimoniale prevedeva la consegna ai tre personaggi delle insegne dottorali (berretto, anello, libro e diploma) e un discorso conclusivo del Gran Cancelliere.

Gli Amici dell’Università di Navarra tenevano in quei giorni una Assemblea Generale. Il Padre volle incontrarli, per ringraziarli della loro cooperazione e dei sacrifici economici con cui stavano dando un aiuto decisivo per la sopravvivenza dell’Università. Salutò professori, bidelli, donne delle pulizie e personale amministrativo; domenica 8 ottobre ebbe un incontro con membri dell’Opera e con moltissimi cooperatori della Navarra e di altre province. Il Padre li incoraggiò a pregare per il mondo e per la Chiesa:

Non è forse vero che un fedele si avvicina a un sacerdote per cercare sostegno, luce e consiglio? Molte volte ci vanno pieni di speranza, di buona volontà, con il desiderio di essere aiutati, ma non trovano né il consiglio, né il sostegno, né la fede: trovano solo dubbi e tenebre. Non voglio pensare che questo succeda. Non voglio! Preghiamo tutti insieme perché questo non avvenga”.

A Bilbao, con i sacerdoti

Il 10 ottobre partì per Bilbao e alloggiò nella casa per ritiri Islabe, dove ricevette le persone a piccoli gruppi, tranne un affollato incontro con sacerdoti, il giorno stesso del suo arrivo. Il Padre riversò il suo cuore nel loro. Parlò lungamente di molti problemi di attualità pastorale e di liturgia e, soprattutto, della carità che dovevano dimostrare ai loro confratelli di tutto il mondo:

Ci hanno sempre detto che un sacerdote non si salva e non si condanna da solo (…). Quindi, cerchiamo di salvare i sacerdoti, è uno stretto dovere di giustizia. Non li salveremo chiudendoci a riccio: dobbiamo trattarli con affetto, sforzarci. Non possiamo formare un gruppetto isolato, dobbiamo aprirci così, con le braccia in croce. Facciamogli vedere che li amiamo per davvero!”.

Ricordò con gioia i periodi che aveva trascorso in parrocchie rurali, poco dopo la sua ordinazione sacerdotale a Saragozza. Prima di accomiatarsi, si inginocchiò davanti a tutti i sacerdoti presenti per ricevere la loro benedizione.

Nella scuola Gaztelueta incontrò alcune centinaia di genitori degli alunni. Parlò loro della formazione dei figli e del lavoro educativo dei genitori. “Non basta mettere al mondo i figli: questo lo sanno fare anche gli animali”. Li si deve formare e preparare alla fede. Raccontò loro, a mo’ di esempio, ciò che un ragazzo gli aveva appena narrato:

Padre, un mio amico chiede perché fin da bambini ci hanno insegnato solo la religione cattolica, e non tutte le altre religioni… Gli risposi con grande sincerità: figlio mio, di’ al tuo amico che, quando è nato, sua madre non avrebbe dovuto dargli il suo latte, ma erba medica, fieno, biada… e anche il suo latte, perché potesse scegliere”.

Il 12 ottobre 1972, a Gaztelueta (Bilbao)

Madrid: “Non siamo una folla, siamo una famiglia”

Si fermò a Madrid dal 13 al 30 ottobre. Ebbe incontri in molti luoghi, sia di mattina che di pomeriggio. I più numerosi si svolsero nell’aula magna della scuola Tajamar, nel quartiere popolare di Vallecas. Fra il 1930 e il 1936 don Josemaría aveva percorso spesso quei luoghi fuori mano per far visita ai malati, confessare i bambini e consolare molti infelici. Anni dopo, i suoi figli avevano cominciato a dare lezioni ai bambini del quartiere, utilizzando come aule le stalle di una vecchia casa colonica, trasformate in seguito in un istituto scolastico che non aveva nulla da invidiare ai migliori centri educativi di Madrid. L’aula magna, benché molto grande, fu insufficiente ad accogliere tutta la folla che accorse. Il Padre tuttavia continuava a chiamare tertulias le affollate riunioni che vi ebbero luogo, perché il clima restava famigliare: si parlava, si facevano domande e venivano date risposte. Era lo stesso metodo che aveva sempre seguito per la catechesi dei bambini: domande e risposte.

Durante un incontro con giovani a Madrid, il 24 ottobre 1972

Il Padre non predicava e non faceva conferenze, ma chiacchierava con semplicità con i presenti, anche quando erano migliaia di persone. La sua parola e la sua presenza avevano il meraviglioso potere di trasformare la folla in un piccolo gruppo. E se, dopo un attento silenzio, scoppiava un applauso assordante, il Padre se ne lamentava: “Avete applaudito, ma a me non piace: perché la gente potrebbe dire che siamo una folla, mentre in realtà siamo una famiglia, una famiglia molto unita”.

In genere, le tertulias cominciavano con alcune considerazioni del Padre su un tema di attualità, o con un pensiero ricavato dalla lettura spirituale. Il giorno prima della sua partenza da Madrid entrò nell’aula magna di Tajamar e disse: “Di voi e di me dice S. Paolo che dobbiamo conversare delle cose del Cielo, e ora faremo proprio questo”. Rispondendo poi a una domanda, li invitò a meditare la vita del Signore:

Pensa ai suoi tre anni di vita pubblica. Pensa alla Passione, alla Croce, che era l’affronto peggiore. Pensa alla morte di Cristo, alla sua Risurrezione. Pensa alle tertulias che faceva il Signore, specialmente dopo la Risurrezione, quando (…) parlava di molte cose, di tutto quello che gli chiedevano i discepoli. Qui lo stiamo un po’ imitando, perché voi e io siamo discepoli del Signore e vogliamo scambiarci impressioni: facciamo una tertulia. Pensa alla sua Ascensione in Cielo”.

Il Padre veniva preso e portato di qua e di là, da un incontro a un altro. Durante gli spostamenti in auto chiedeva: a chi parliamo?. Appurato da chi si andava, fossero giovani, o famiglie, oppure persone di qualunque età, stato e professione, preparava qualche idea, ma poi per rispondere alle domande si affidava allo Spirito Santo. La sua caratteristica principale era la spontaneità: non si perdeva in giri di parole e parlava con chiarezza di qualunque tema avesse rapporto con Dio.

Portogallo, verso in santuario di Fatima

Era atteso anche in Portogallo. Il 30 ottobre arrivò a Oporto. Risiedette a Enxomil, una casa per ritiri e convegni situata nelle vicinanze. Il Padre era felice, anche se dispiaciuto di non parlare il portoghese. Passarono di lì numerosi gruppi, alcuni ridotti, altri di centinaia di persone provenienti da Oporto, Coimbra, Braga, Lamego e Viseu. La mattina del 2 novembre si recò a Coimbra, per far visita, nel Carmelo di Santa Teresa, a Suor Lucia, la veggente di Fatima. Il Padre confidò alla Madre Priora del Convento: “Don Álvaro e io, da moltissimi anni, facciamo ogni giorno un memento nella santa Messa per la vostra amata Comunità, specialmente per Suor Lucia, che fu lo strumento di cui si servì il Signore per dare inizio all’attività dell’Opus Dei in Portogallo”.

Il colloquio durò circa due ore e Suor Lucia diede loro alcuni opuscoli di propaganda del Rosario, con la preghiera di diffonderli durante il resto del viaggio. Il Padre si recò poi, come altre volte, all’antico monastero di Santa Chiara, dove sono conservati, in un’urna d’argento, i resti di Santa Elisabetta del Portogallo. Don Josemaría aveva in comune con lei l’ascendenza aragonese e le si rivolgeva con familiarità, chiamandola “la mia compaesana, Elisabetta d’Aragona”; alla sua intercessione affidava il lavoro dell’Opera in Portogallo.

Proseguì il viaggio verso il santuario di Fatima, dove arrivò alle quattro del pomeriggio. Gli si strinsero intorno molte persone che lo aspettavano impazienti sulla spianata. Poiché nella basilica si stava celebrando una Messa, il Padre non volle entrare subito e iniziarono a recitare una posta del Rosario davanti alla prima stazione della Via Crucis. Dopo aver pregato nella basilica, il Padre e quanti lo accompagnavano si recarono nella cappella delle apparizioni e vi recitarono la Salve Regina. Il Padre partì poi per Lisbona.

Il 2 novembre 1972 san Josemaría fece una romeria a Fatima, Portogallo

Il giorno successivo, 3 novembre, ci fu la prima tertulia per famiglie, nel padiglione del Club Xénon. Nonostante le fatiche di quelle settimane, il Padre era felice e sembrava persino ringiovanito. Diceva ai suoi ascoltatori, ed era vero, che mentre parlava loro faceva orazione. Riusciva a stare e a far stare tutti alla presenza di Dio e tutti afferravano la verità di alcune parole che aveva pronunciato: “L’Opus Dei è un posto meraviglioso per vivere e per morire, senza paura della vita e senza paura della morte”. Continuò la sua catechesi senza un attimo di tregua, mattina e pomeriggio tutti i giorni, fino al 6 novembre, quando partì dall’aeroporto di Lisbona diretto a Siviglia.

Siviglia: “Sempre fedeli, sempre lieti, con coraggio e con calma”

A Siviglia, il Padre incontrò molti fedeli dell’Opus Dei. A Pozoalbero, una casa per ritiri vicino a Jerez de la Frontera, si intrattenne con altre migliaia di persone accorse alla sua catechesi. Fu necessario preparare una zona recintata, contigua alla casa, sul lato che dava al giardino. Un tempo in quel luogo c’erano un magazzino per attrezzi agricoli e un torchio. Per questo il cortile dove si svolgevano le tertulias era chiamato El Lagar, il torchio. Fu coperto con un grande telone, non per proteggerlo dai raggi del sole, ma dalla pioggia, perché la settimana precedente, mentre il Padre era in Portogallo, una perturbazione atlantica si era scaricata con forza sull’Andalusia. Fu sistemato anche un palco. Sullo sfondo, alle spalle del Padre che parlava andando su e giù davanti al pubblico variopinto proveniente dalle province meridionali, faceva bella mostra un arazzo con la scritta: Sempre fedeli, sempre lieti, con coraggio e con calma. Erano le parole di un brindisi che il Padre stesso aveva fatto, proprio a Pozoalbero, il 2 ottobre 1968.

Il 10 novembre 1972

Un giorno, durante un incontro affollato, un ragazzo gli domandò che cosa volesse dire il motto con coraggio e con calma e come potesse essere applicato al rapporto con Dio.

Vuol dire che si deve avere coraggio e andare adagio. Coraggio e calmavuol dire proprio questo: che tu sia coraggioso, ma non precipitoso”.

Gli ponevano le domande più diverse: sul significato del dolore, le preoccupazioni di lavoro, la malattia o la ribellione dei figli. Il sorriso si alternava con la serietà. Qualcuno gli chiese che cosa provava vedendo riuniti insieme tanti suoi figli e ripensando a quando l’Opera contava solo su una dozzina di persone. Forse in quel momento gli tornarono in mente gli inizi della fondazione:

Vi ho detto, me l’avete sentito dire molte volte e in momenti molto duri, di sognare perché comunque sareste rimasti sempre al di sotto della realtà. Non è vero? Ve l’ho detto quando eravate in pochi. Ora torno a ripetere la stessa cosa: sognate e la realtà supererà sempre i vostri sogni”.

Valencia: Tanti ricordi del primi anni dell’Opus Dei…

Il 13 novembre il Padre partì per Valencia, dove rimase fino al 20. Senza perder tempo, riprese la catechesi il giorno successivo al suo arrivo a La Lloma, una casa per ritiri nei pressi del capoluogo.

Il 14 novembre 1972, a Valencia

Gli ritornarono in mente i suoi primi viaggi a Valencia e le sue passeggiate sulla spiaggia con i ragazzi di S. Raffaele. Già nel 1936, quando la nazione era nel caos e tutto sembrava crollare, il Padre non aveva perso la speranza e aveva fatto i preparativi per l’espansione dell’Opera a Valencia e a Parigi. Era poi scoppiata la guerra civile e i viaggi erano ripresi solo nel dopoguerra… Ricordava il primo corso di ritiro spirituale predicato a Burjasot e il Cubil. E la prima edizione di Cammino, stampata a Valencia nel 1939. Erano passati più di trent’anni, ma l’eco dei suoi ricordi era assai vivo.

Il 17 novembre consacrò un altare nella Residenza universitaria La Alameda. Vi lasciò un documento con questa scritta:

Quanto a lungo ho desiderato, tanti anni fa, che l’Opus Dei venisse in questa città; finché il Signore ha concesso generosamente al suo servo di avere anche qui figli e figlie; tornando a Valencia, il mio cuore di Padre felice ha pronunciato innumerevoli atti di ringraziamento a Dio…”.

Barcellona: “Il Signore loda i vostri affari”

Il 20 novembre, quando arrivò a Barcellona, lo aspettava un gran numero di persone del posto e di altre regioni spagnole e persino gente che veniva dall’estero. Le tertulias si succedettero ininterrottamente per dieci giorni in diversi luoghi: scuole, palestre, auditori, case per ritiri e scuole agrarie. Per prima cosa si recò a trovare la Madonna della Mercede, patrona della città.

Com’era prevedibile, il tema del lavoro e del tempo da dedicare agli affari servì da spunto al Padre per parlare molto della santificazione del lavoro. Approfittò per dire alle persone di quella industriosa regione che il lavoro e la fatica non sono necessariamente ‘cristiani’, se hanno per obiettivo soltanto il guadagno e i beni materiali. Nell’aula magna dell’Istituto di Studi Superiori dell’Impresa (IESE), si svolse una tertulia in cui era inevitabile toccare tali argomenti, poiché l’uditorio era composto da docenti e imprenditori, personalità del mondo della finanza e degli affari. Il Padre giunse sul palco con un volume, dal quale spuntavano vari segnalibri. Dichiarò subito ai presenti la propria assoluta ignoranza in tema di soldi: “Quando vedo tre monetine insieme, mi gira la testa”. Riferendosi alle professioni dei presenti, disse: “Alcuni vi guardano con diffidenza, e altri dicono male di voi perché vi occupate di affari, ma il Signore raccomanda il vostro lavoro e Gesù racconta cose molto divertenti”. Il Padre aprì allora il Nuovo Testamento (era questo il libro che aveva con sé) al capitolo 19 di S. Luca. Un uomo potente, prima di partire per un viaggio in terre lontane, aveva dato una certa quantità di denaro ai suoi servi perché lo investissero e, al suo ritorno, glielo restituissero con gli interessi. “Non è forse un affare? Un affare modesto, di quelli che vi piacciono meno, ma è pur sempre un affare. Il Signore lo loda e anch’io non posso fare altro che lodarvi”.

Il Padre continuò a citare i passi del Vangelo in cui si parla di affari. Per esempio, S. Matteo, “uno che di soldi se ne intendeva molto”, ci parla di un tesoro nascosto. L’uomo che lo scopre lo nasconde di nuovo e vende subito tutto ciò che ha per comprare il campo. Questo è proprio “un affare sicuro”.

S. Matteo racconta un altro affare, quello della pesca. Un affare relativo perché la rete a strascico raccoglie ogni genere di pesci, quelli buoni ma anche quelli cattivi, che vanno poi gettati via.

Il Padre commentò le parabole con buon umore, ma, a un certo punto, divenne serio e disse, a mo’ di ricapitolazione:

Il Signore loda i vostri affari. Ma se non ci mettete amore, un po’ di amore cristiano, se non aggiungete il desiderio di piacere a Dio, state perdendo il tempo”.

San Josemaría con Mons. Alvaro del Portillo a Casteldaura (Barcellona), il 27 novembre 1972

Poi, sempre con il Vangelo in mano, proseguì a esporre le difficoltà negli affari, la concorrenza sleale, ecc. Ma che cosa impediva a un uomo d’affari di impegnarsi a vivere una vita veramente cristiana? Non erano, a volte, il timore e i rispetti umani? Sembrava che il Padre avesse una risposta per tutto. Lesse un altro brano e commentò la storia di Zaccheo, un uomo molto ricco e basso di statura, il quale, senza paura di rendersi ridicolo, si arrampicò su un albero per vedere Gesù…

Il Padre possedeva il “dono delle lingue”, la capacità di farsi capire da ogni genere di persone. Dio glielo aveva concesso, forse perché era particolarmente confacente al carisma di chi deve predicare la chiamata universale alla santità nell’esercizio di qualsiasi professione onesta.

Di nuovo a Roma

Il 30 novembre 1972 il Padre tornò a Roma. L’intenso ritmo sostenuto e gli spostamenti per tutta la Spagna e il Portogallo avevano messo a dura prova il suo fisico, sostenuto soltanto dal suo zelo apostolico. I due mesi di catechesi nella Penisola iberica, tanto ricchi di frutti, avrebbero avuto conseguenze benefiche ancora maggiori nel futuro poiché, grazie alla preveggenza di don Álvaro, gli incontri erano stati in gran parte filmati, conservando così per i posteri la voce, l’aspetto, le parole del Padre.

Il Fondatore dell’Opus Dei, III: I cammini divini della terra, Andrés Vázquez de Prada. Ed. Leonardo International, Milano, 2004.