Da allora ho un vincolo speciale con Josemaría Escrivá

Riportiamo un’intervista a Charlie Cox, l’attore che interpreta la parte di San Josemaría in “There be dragons”, realizzata dal giornale spagnolo “El Mundo”. Cox spiega che un attore dovrebbe avere una carriera straordinaria e una vita ordinaria: “lotto per avere un focolare, delle radici, una famiglia e degli amici a cui poter tornare”.

Riportiamo un’intervista a Charlie Cox, l’attore che interpreta la parte di San Josemaría in “There be dragons”, realizzata dal giornale spagnolo “El Mundo”. Cox spiega che un attore dovrebbe avere una carriera straordinaria e una vita ordinaria: “lotto per avere un focolare, delle radici, una famiglia e degli amici a cui poter tornare”.

Lei saprà che il film sta risvegliando molti “dragoni” nell’opinione pubblica spagnola.

Non lo sapevo, però non mi sorprende per via della quantità di avvertenze che mi hanno dato quando ho accettato di interpretare San Josemaría.

Conosceva l’Opus Dei e Escrivá de Balaguer prima delle riprese?

No. Avevo solo sentito il nome associato al Codice da Vinci, e quanto a Josemaría … non lo avevo mai neanche sentito, mi era totalmente sconosciuto.

Che cosa l’ha spinta ad accettare questo progetto?

Mi sembrò subito molto interessante. Come ho detto, non avevo nessuna opinione sull’Opus Dei né su Josemarίa. Il copione rappresentava Josemaría Escrivá in una luce positiva e, senza dubbio, ciò nonostante ho trovato molte persone che avevano reazioni molto forti contro l’Opus Dei. Sto parlando di familiari e amici che mi avvertivano: “Stai attento con questa gente”, ma poi non mi davano argomenti convincenti. Questo fatto mi incuriosiva: perché tanta gente aveva tante idee preconcette su questa istituzione? E così decisi di informarmi, di scoprire da solo, e con mente aperta, perché le cose stavano così; desideravo farmi una mia opinione personale e per questo mi misi a leggere molto, a conoscere persone, a frequentare vari centri dell’Opus Dei … e scoprii che molte delle cose che avevo ascoltato erano o false o esagerate. La mia esperienza, fino a questo momento, è stata completamente positiva.

Che cosa l’ha attratta di più del suo personaggio?

Una persona che lo aveva conosciuto mi disse: “Spero che tu possa trovare la sua forza, la sua energia”. Quella frase divenne la base della mia interpretazione. Josemaría era una persona con una grande capacità di amare la gente e, allo stesso tempo, estremamente autentica. Nei video che ho visto, ho scoperto che non aveva nessuna esitazione a dire quello che pensava su come deve vivere un cristiano.

Immagino che l’atmosfera e l’ambiente delle riprese di questo film – un dramma con tinte religiose – saranno stati diversi da quelli di una commedia…

Ovviamente sì. Tutti i film sono intrattenimento, ma senza dubbio alcuni hanno un’importanza, una profondità maggiore e credo che There be dragons sia uno di quelli. Personalmente, durante le riprese, ho sentito una grande responsabilità. Molte volte guardavo una fotografia della cerimonia di canonizzazione di San Josemaría a Piazza San Pietro, invasa da quasi mezzo milione di persone, e sentivo il peso di interpretare qualcuno di molto importante, che volevo rappresentare in modo adeguato. Era una sfida per me.

Come avvenne nel caso di “Mission”- dove un gesuita fece da consulente su alcuni temi particolari – durante le riprese del film c’era un sacerdote dell’Opus Dei. Questa presenza non l’ha un po’ intimidita?

Sì, sicuramente. Confesso che quando venni a Roma per incontrare padre John Wauck , rimasi intimidito. Mi aspettavo un uomo duro, rigido, qualcuno che, addirittura, poteva incutere timore. Quello che mi rimane ora è una grande amicizia con uno degli uomini con la mente più aperta che abbia mai conosciuto. Sì, tutti gli attori hanno subito dimenticato che quello che stava lì seduto con noi era un prete e, a volte, le conversazioni erano poco appropriate. Io lanciavo uno sguardo a padre John, dopo che qualcuno aveva detto qualcosa che avrebbe potuto offenderlo e vedevo che se la rideva, è un uomo stupendo.

Dopo questo film, lei prega San Josemaría?

Sì. Ho l’impressione che da allora ho un vincolo speciale con lui. Proprio ieri, prima di uscire dall’albergo, ho guardato la sua immaginetta, l’ho osservata…e gli ho detto qualche parola. Credo che mi aiuterà.

Uno dei suoi compagni nelle riprese, Wes Bentley, affermava che il successo è un “dragone” pericoloso per gli attori giovani. Come si può combatterlo?

Qualcuno una volta mi ha detto: “Un attore dovrebbe avere una carriera straordinaria e una vita ordinaria”. Io ho avuto fortuna perché la mia carriera è stata relativamente lenta e lotto per mantenere un focolare, per tornare sempre alle radici,alla famiglia, ai vecchi amici…Se ti fotografano mentre esci all’alba dai night club, dalle discoteche, sei già nei guai.

Come è stata l’esperienza di girare con Roland Joffé?

Meravigliosa. Roland è un regista nel significato pieno della parola. Protegge così tanto l’impegno creativo di ciascuno che per un attore che gira con lui ogni giorno è un sogno.

E parlando di sogni, qual è il suo sogno come attore?

Ti dirò prima i miei incubi – i miei “dragoni” -: mi fa paura pensare che, nella migliore delle ipotesi, un giorno dovrò lasciare quello che sto facendo e che mi piace tanto. Il mio sogno è semplicemente di poter continuare, tanto mi sento l’uomo più fortunato del mondo.

Ulteriore informazione: dragonsresources.com/