Roland Joffé: «Il mio san Escrivá tra fede e storia»

Riportiamo l'intervista pubblicata su "Avvenire" a Roland Joffé, regista del film ispirato alla figura di san Josemaría, che uscirà nelle sale spagnolo il 25 marzo.

Intervista pubblicata su Avvenire a firma di Emanuela Genovese

Amore e guerra civile. Perdono e odio. Dio e il mondo. Nel nuovo film di Roland Joffé, There be dragons, la passione per l’uomo san Josemaría (il fondatore dell’Opus Dei, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 2002) si respira in tutto il film, che ha come attori protagonisti Charlie Cox, Wes Bentley e Dougray Scott. La pellicola, che uscirà nelle sale spagnole il 25 marzo e negli Stati Uniti il 6 maggio, non ha ancora una distribuzione in Italia.

Joffé, partiamo dal titolo: quali sono i draghi di cui parla il film?

L’origine del titolo viene dai draghi che nelle mappe antiche indicavano ciò che non era conosciuto. Ma nel film i veri draghi diventano l’avidità, l’odio, la morte.

Due sono i protagonisti: Manolo, un personaggio inventato, e san Josemarìa, un santo del Novecento. Perché ha voluto scrivere e dirigere una storia su di lui?

Sono rimasto colpito, dopo aver visto un filmato, dalla sua naturale e profonda umanità. Lui non era un uomo ‘ideologico’. E poi dalla sua allegria e dalla sua capacità di credere nella libertà degli altri. Uno sguardo alle realtà di ogni giorno che lo portava a trovare Dio nella vita quotidiana. Mi sono chiesto: come faceva a trovare Dio nella guerra? Da lì è nato il desiderio di fare un film su un messaggio cristiano che portava in primo piano l’amore, anche attraverso la guerra e il perdono. La forza del messaggio di san Josemaría è che arrivava e arriva a tutti, atei e non credenti, e fa capire quanto è straordinario vivere la vita di ogni giorno, lottando contro ciò che non va.

Nel film, Manolo è un padre che ha chiuso le porte al figlio, mentre san Josemarìa sembra essere un sacerdote che cerca di essere un buon padre.

La struttura della sceneggiatura parte proprio da questi due binari, il cui contorno è la guerra civile spagnola, fonte di divisione civile e familiare. Il significato profondo del film è come può nascere il perdono di fronte all’odio, senza per questo dover creare una separazione netta tra il bene e il male, ovvero da una parte il mondo spirituale di san Josemarìa e dall’altra il mondo secolare di Manolo. Mi azzardo a dire che il film non ci sarebbe stato senza il personaggio di Manolo.

Come hanno reagito gli attori di fronte alla storia? Wes Bentley ha rilasciato un’intervista nella quale diceva che aveva chiuso con la droga.

Sì, è vero. Ma non posso parlare per loro. Però la cosa più bella è che tutti hanno compreso l’importanza della responsabilità personale nelle scelte di ogni giorno. Senza dimenticare la profondità della libertà di questo uomo, Josemaría Escrivá, che è diventato santo.

È stato scritto che questo film è stato organizzato e voluto dall’Opus Dei.

Chi conosce bene l’Opus Dei sa che non si può parlare di un’opinione comune. Alcuni membri dell’Opus Dei hanno voluto investire nel film. Ma lo hanno fatto come una loro personale scelta professionale. È una caratteristica propria insegnata da san Josemaría: la completa libertà di agire secondo la propria coscienza nelle cose temporali.

Il suo prossimo progetto?

Sto già lavorando ad un film che sarà ambientato in India. I film sono come i figli: per ora sono concentrato sull’ultimo arrivato. E se dovessi dire cosa mi ha lasciato There be dragons non avrei dubbi: la vita ti offre sempre delle incredibili opportunità.

Emanuela Genovese

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