Quinto mistero luminoso. La Istituzione dell’Eucarestia

Gesù Cristo, perfetto Dio e perfetto Uomo: sotto le specie del pane e del vino c'è Lui, realmente presente: con il suo Corpo, il suo Sangue, la sua Anima e la sua Divinità.

Quando fu l'ora, prese posto a tavola e gli apostoli con lui, e disse: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione, poiché vi dico: non la mangerò più, finché essa non si compia nel regno di Dio”.

E preso un calice, rese grazie e disse: “Prendetelo e distribuitelo tra voi, poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio”. Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi” (Lc 22, 14-20).

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine

(Gv 13, 1).

Scendeva la notte sul mondo perché i vecchi riti, gli antichi segni della misericordia infinita di Dio verso l’umanità stavano per realizzarsi pienamente, aprendo il cammino a una vera aurora, la nuova Pasqua. L’Eucaristia fu istituita nella notte, in preparazione all’alba della Risurrezione.

Gesù è rimasto nell’Eucaristia per amore..., per te.

– È rimasto, pur sapendo come l’avrebbero ricevuto gli uomini..., e come lo ricevi tu.

– È rimasto, affinché te ne cibi, affinché tu gli faccia visita e gli racconti le tue cose e, frequentandolo nell’orazione accanto al Tabernacolo e nella ricezione del Sacramento, ti innamori ogni giorno di più, e faccia in modo che altre anime – molte! – seguano lo stesso cammino.

Bambino buono: gli innamorati, su questa terra, come baciano i fiori, la lettera, il ricordo di chi amano!...

– E tu, potrai forse dimenticarti che lo hai sempre accanto... Lui!? – Ti dimenticherai... che lo puoi mangiare?

– Signore, che io mai più torni a volare rasoterra! Che sia sempre illuminato dai raggi del Sole divino – Cristo – nell’Eucaristia!, che il mio volo non si interrompa, fino a trovare il riposo del tuo Cuore!

(Il Santo Rosario, 5º mistero luminoso)

Cominciamo fin da ora a chiedere allo Spirito Santo di prepararci a comprendere ogni gesto e ogni parola di Gesù: perché vogliamo vivere di vita soprannaturale, perché il Signore ci ha manifestato la sua volontà di darsi a noi come alimento dell'anima, e perché riconosciamo che Lui solo ha parole di vita eterna (Gv 6, 69).

La fede ci fa proclamare con Simon Pietro: Noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio (Gv 6, 70). Ed è proprio questa fede, unita alla nostra devozione, che in momenti così importanti ci spinge a imitare l'audacia di Giovanni: accostarci a Gesù e adagiare il capo sul petto del Maestro (cfr. Gv 13, 25), di colui che amava ardentemente i suoi e — lo abbiamo appena udito — li avrebbe amati sino alla fine.

Pensate all'esperienza così umana del commiato di due persone che si vogliono bene. Vorrebbero stare sempre insieme, però il dovere — un qualunque dovere — li costringe a dividersi. Sognerebbero di restare uniti, ma non possono. E così l'amore umano, che per quanto grande è sempre limitato, ricorre a un simbolo: le due persone, prima di lasciarsi, si scambiano un ricordo, forse una fotografia, con una dedica così accesa, che quasi potrebbe bruciare la carta. Non possono fare di più, perché il potere delle creature non è all'altezza del loro volere.

Ma ciò che noi non possiamo fare, lo può fare il Signore. Gesù Cristo, perfetto Dio e perfetto Uomo, non ci lascia un simbolo, ma la realtà: ci lascia se stesso. Ritornerà al Padre, e allo stesso tempo rimarrà con gli uomini. Non ci lascerà solamente un regalo, che ci richiami alla mente il ricordo di Lui, un'immagine destinata a svanire col tempo, come la fotografia che ben presto rimane sbiadita, ingiallita e priva di significato per coloro che non furono protagonisti di quel momento d'affetto. Sotto le specie del pane e del vino c'è Lui, realmente presente: con il suo Corpo, il suo Sangue, la sua Anima e la sua Divinità.

(E’ Gesù che passa, 83)

La Messa, centro della vita interiore

Dobbiamo, anzitutto, amare la Santa Messa, che deve essere il centro della nostra giornata. Se si vive bene la Messa, come è possibile poi, per tutto il resto del giorno, non avere il pensiero in Dio, non aver la voglia di restare alla sua presenza per lavorare come Egli lavorava e amare come Egli amava? Impariamo dunque a ringraziare il Signore di un'altra sua delicatezza d'amore: quella di non aver voluto limitare la sua presenza al momento del Sacrificio dell'altare, ma di aver deciso di restare nell'Ostia Santa che si conserva nel tabernacolo.

Vi dirò che per me il tabernacolo è come Betania: il luogo tranquillo di pace dove c'è Cristo, dove possiamo raccontargli le nostre preoccupazioni e le nostre pene, le nostre aspirazioni e le nostre gioie, con la stessa semplicità, la stessa spontaneità con cui gli parlavano i suoi amici Marta, Maria e Lazzaro. Ecco perché mi rallegro percorrendo le strade di qualche città o paese, quando scopro, anche solo in lontananza, il profilo di una chiesa: è un altro tabernacolo, un'altra occasione perché l'anima fugga, con il desiderio, accanto al Signore nel Sacramento.

(E’ Gesù che passa, 154)