Vacanze in Abruzzo per san Josemaría

1967: In estate Escrivá trascorre tre settimane di agosto a Gagliano Aterno, in Abruzzo. Vicino, nel paese di San Felice d'Ocre, c'è una casa di ritiri e convegni dell'Opus Dei, Tor d'Aveia.

Estati di san Josemaría in Italia (1965-1975)

San Josemaría e "Peppino" commentano, scherzando: «È una abitudine molto diffusa in Italia... per dare lustro alle diverse località, diciamo: qui c'è stato Leonardo da Vinci, qui Torquato Tasso, qui Dante, qui Garibaldi... Così "facciamo patria"!».

Così facciamo patria!

1967. In estate Escrivá trascorre tre settimane di agosto a Gagliano Aterno, in Abruzzo. La casa è della baronessa Lazzaroni, che gliel'ha offerta perché possa riposare. La casa dispone di una cappellina di famiglia.

In una lapide, si afferma solennemente che san Francesco d'Assisi è passato da lì. Nel fare il giro della casa, il primo giorno, Escrivá legge la lapide ma non dice niente.

Poco tempo dopo, fa venire a Gagliano due suoi figli, membri del Consiglio Generale, affinché fuggano per un giorno del Ferragosto romano, lascino il lavoro e lo accompagnino, in quel giro di preghiere che ha cominciato, a visitare un santuario mariano.

Uno dei due è Giuseppe Molteni, lombardo originario della Brianza, dottore in chimica e in teologia, laico e amministratore generale dell'Opus Dei. Il Padre lo chiama familiarmente Peppino.

Mentre si fanno i preparativi per andare al santuario, li porta in oratorio e mostra loro la lapide. Poi, scherzando, commenta:

«Accidenti, Peppino, è difficile, difficilissimo, trovare in Italia un posto, per quanto recondito, dove non si dica che vi è passato san Francesco d'Assisi o vi ha dormito Garibaldi. Non puoi negarlo: siete un po' trionfalisti nelle memorie... !

«Certo, certo... È una abitudine molto diffusa in Italia, per dare lustro alle diverse località: qui c'è stato Leonardo da Vinci, qui Torquato Tasso, qui Dante, qui Garibaldi... Così "facciamo patria"!».

Escrivá ride di gusto, divertito per la battuta e per l'accento lombardo di Peppino.

All'inizio i custodi si mostrano riservati e timidi. Ma con il passare dei giorni Escrivà se li conquista con il suo modo di fare immediato e semplice.

Cordialità sacerdotale

La vita nella casa di Gagliano è molto limitata, perché c'è poco spazio per passeggiare. Ogni tanto escono in auto. Prima di arrivare al cancello, accanto all'abitazione dei custodi, Escrivá raccomanda a uno dei due Javier di giocare di anticipo nell'aprirlo o nel chiuderlo:

«Gli diamo già abbastanza da fare con la manutenzione de la casa cui debbono provvedere. Perciò, come gesto di carità e perché vedano che non vogliamo dare altro lavoro, quando usciamo uno dei due si faccia avanti... Così lasciamo tranquilli questi genitori e i loro figli».

E ogni volta che escono o rientrano ha per questa famiglia qualche parola di saluto affettuoso, con il motore acceso ma con l'auto ferma, mentre si apre o si chiude il cancello:

«Come state? Come va il lavoro? Mi dispiace darvi più lavoro in questi giorni... Ma ogni giorno mi ricordo di voi nella Santa Messa. Prego per la vostra famiglia. Prego per ciò che vi sta a cuore...».

All'inizio i custodi si mostrano riservati e timidi. Ma con il passare dei giorni Escrivá se li conquista con il suo modo di fare immediato e semplice. A poco a poco sono loro ad avvicinarsi per cambiare quella breve conversazione. Forse non sanno esprimerlo, ma ciò che li attrae è che quel monsignore non parla loro con condiscendenza altezzosa, ma con cordialità sacerdotale.

Con la vostra carità, con il vostro servizio, con il vostro interesse per tutte le persone di qui, arriverete ai paesi vicini, dopo aver lasciato una traccia profonda nelle persone di questo paese di San Felice d'Ocre

Lasciare traccia

In Abruzzo, nel paese di San Felice d'Ocre, c'è una casa di ritiri e convegni dell'Opus Dei, Tor d'Aveia, dove, nel 1967, passano per la prima volta le loro vacanze gli alunni del Collegio romano. Il Padre vi si recherà varie volte per stare con loro. Appena arrivato, va subito a salutare «il Padrone di casa». A chi lo accompagna commenta che in quel periodo, nel fare la genuflessione, è solito dire: «Gloria al Padre, gloria al Figlio, gloria allo Spirito Santo, gloria a santa Maria, e anche a san Giuseppe... Gesù ti amo! Grazie agli angeli che ti fanno corona».

Poi sta un bel po' di tempo con le sue figlie che curano i servizi domestici. Si interessa di tutto: se sono contente, se pregano molto, se fanno gite, se trovano tempo per leggere, se mangiano bene, «ma stando attente a non ingrassare, perché in questi paesi c'è una cucina molto grassa».

Una volta, con un tono di voce vibrante, che colpisce, dice qual cosa di molto semplice ma che, a quelle donne, affannate dal mattino alla sera a mandare avanti la residenza, apre un formidabile orizzonte di azione apostolica: verso il prossimo più prossimo. Esattamente il paese in cui fino a quel momento sono vissute isolate, nella propria capsula:

«Con la vostra carità, con il vostro servizio, con il vostro interesse per tutte le persone di qui, arriverete ai paesi vicini, dopo aver lasciato una traccia profonda nelle donne di questo paese di San Felice d'Ocre».

Non è un orizzonte utopistico. È a portata di mano. Anime? Sono là, dietro l'angolo! Ancora una volta, «la reale realtà di oggi, lunedì».

Dopo essere stato con le sue figlie, passa dagli uomini. Se la gode con quello che gli raccontano. In quegli anni comincia a diffondersi l'abbigliamento maschile colorato e a disegni vivaci: una moda che rompe la monotonia della grisaglia e delle righine. Escrivá scherza con un giovane statunitense che indossa una sgargiante camicia arancione con pantaloni a quadretti verdi:

«Ehi, figlio mio, stai forse andando al baraccone della fiera?».

Panoramica del Gran Sasso, nella zona abruzzese

Il Padre chiede notizie apostoliche dei vari Paesi. Sprona gli inglesi ad avere “l’audacia di entrare nell’anima degli altri”.

«Siete stati educati a uno squisito rispetto della privacy altrui. Questa è una virtù molto lodevole; ma, figli miei, il rispetto non può servire da scusa per disattendere un aiuto che, in quanto cristiani, siamo obbligati a prestare agli altri…

Voi, continuando a sentirvi molto inglesi, dovete entrare senza paura – se è necessario, facendovi un po´di violenza…– nella vita degli altri. In questo modo la vostra nazione, che ha reso grandi servizi all’umanità, continuerà a prestarne con il vero significato cristiano al quale siete chiamati. Non dimenticate, figli miei inglesi, che la vostra terra è un crocevia, e da lì si può fare molto bene o molto male. Non potete commettere l’omissione di non interessarvi della gente della vostra terra. Se non vi preoccupate di quelli che vivono con voi, a maggior ragione non vi preoccupate di quelli che vivono lontano».

I giorni di Gagliano Aterno finiscono presto. Escrivá ha lavorato a quello che poi sarà il Codex, il codice, il Diritto dell’Opus Dei.

Nel redigere il Codex, Escrivá lavora di anticipo. Pensa a un futuro lontano. Vuole lasciarlo compiuto, ultimato, perché l’autore non può essere che lui, il fondatore.

Fonte: Pilar Urbano, "Roma nel cuore, gli anni romani di San Josemaría Escrivá (1946-1975)", Ed. Il Pozzo di Giaccobbe, 2010, cap. XVII.