Maestro di buon umore

Don José Luis Soria, medico, fu ordinato nel 1956. Da quel momento, fino all'ultimo giorno che San Josemaría trascorse sulla terra, visse al suo fianco, a Roma.

Intervista a don José Luis Sori

Don José Luis Soria, conobbe San Josemaría nel 1953. Medico, fu ordinato nel 1956 e da quel momento, fino all'ultimo giorno che San Josemaría trascorse sulla terra, visse al suo fianco, a Roma. Attualmente svolge il suo lavoro sacerdotale in Canada.

Lei considera uno dei tratti più caratteristici della personalità di San Josemaría il suo buon umore, al punto di scrivere un libro con questo titolo: Maestro di buon umore. Come si manifestava questo aspetto?

Effettivamente nel libro spiego, che – a mio giudizio - era una caratteristica della personalità di san Josemaría. Da una lato, c’era il suo atteggiamento ottimistico e sorridente di fronte alla vita, che dava un tono attraente e positivo al suo modo di fare. È ciò che propriamente si può chiamare il suo buon umore, la sua allegria. Era una conseguenza del suo temperamento, rafforzata dal modo sincero e radicale con cui si sapeva figlio di Dio.

Dall’altro lato, c’era la prontezza con cui era solito rispondere ad un interlocutore, con un commento scherzoso o simpatico. Questo indica anche un senso dell’umorismo particolare e sviluppato, che è più della semplice allegria. Assomiglia a quello che gli inglesi chiamano wit, cioè la capacità di percepire rapidamente ciò che è incongruo, ambiguo o indelicato, e di reagire di fronte a quella realtà in un modo - frase o espressione - inaspettato e divertente. San Josemaría era anche maestro in questo senso. Quando lo si vedeva in una atmosfera rilassata e familiare, era facile sorridere o anche ridere francamente di fronte alle sue uscite piene di umorismo intelligente ed affettuoso.

Comunque, San Josemaría aveva una forte personalità ed un carattere vigoroso, diceva le cose con molta chiarezza. Questo, a volte, non creava tensioni? Com’era il suo modo di correggere?

Roma, 23-4-1973

Certamente, il suo carattere era vigoroso ed il suo temperamento era molto aragonese. Era solito dire che questa era una delle ragioni per cui Dio l'aveva scelto come Fondatore dell'Opus Dei, in vista degli ostacoli di ogni genere che avrebbe incontrato nel compito di portare avanti l’Opera. Questo faceva sì che, qualche volta, si creassero situazioni di tensione, specialmente se la persona non conosceva a sufficienza San Josemaría o aveva un temperamento timoroso. Ogni correzione fa male, perché il nostro orgoglio si sente sempre ferito. Ma, in ventidue anni, ricordo solo un'occasione in cui san Josemaría mi ha corretto senza motivo. Appena se ne rese conto mi chiese scusa e mi manifestò con fatti il suo affetto di sempre.

Direi che qualsiasi correzione facesse, era subito accompagnata di un dettaglio speciale di affetto, anche se poteva sembrare insignificante per un osservatore esterno. Ricordo, per esempio, cosa faceva di solito, quando qualcuno di quelli che lavoravano con lui veniva ripreso durante la mattinata di lavoro. Qualche volta, quando San Josemaría arrivava alla tertulia che avevamo con lui dopo il pranzo, sorrideva e mostrava una caramella- solamente una - tra il pollice e l'indice della mano destra. Appena lo vedevamo arrivare così, sapevamo già che il destinatario del dolce sarebbe stato quello che aveva ricevuto la reprimenda. La consegna era accompagnata da uno degli epiteti affettuosi che San Josemaría usava sempre in famiglia:toma, melón; o toma, ladrón.

Era amabile la vita vicino a lui? Si può pensare che non sia facile vivere vicino a un santo. Lei cosa dice in proposito?

San Josemaría ripeteva la stessa idea con parole diverse. Ci diceva, ma includendo se stesso, che dovevamo evitare che “per sopportare un santo ce vogliono due." Ho sempre interpretato quest'idea come espressione di quanto sia difficile vivere con qualcuno che si crede santo, perché poi, quello che in effetti sono le manie o le opinioni personali, possono quasi trasformarsi in dogma di fede. Ma questo non succedeva a San Josemaría, e per due ragioni principali. Primo, perché la sua santità - e perciò la sua umiltà e carità - erano genuine. Ora il Magistero della Chiesa è supremo e definitivo testimone di questo, anche se San Josemaría si definiva un peccatore che ama Gesù Cristo. E secondo, perché praticava un grande amore alla libertà personale, senza imporre dogmi, rettificando quando si rendeva conto di essersi sbagliato e difendendo caldamente la libertà di ognuno nell’Opera.

Infatti, il buon umore non è solo compatibile con la carità, ma piuttosto può essere una delle sue forme più delicate. Fra i carismi che Dio accordò al Fondatore dell'Opus Dei, c'è uno che - per quelli che non l'hanno saputo - potrebbe passare quasi inavvertito: quello di avvicinare le persone a Dio per il piano inclinato del buon umore. In Cammino scrisse che: la vera virtù non è triste e antipatica, ma amabilmente allegra, e così cercò sempre di vivere. Per questo, era una gioia stargli vicino, anche se non sono mancati momenti in cui la fatica o la malattia si sono fatte notare nella vita in famiglia. Forse sono stati momenti duri, ma sapevamo che erano scogli isolati in un oceano immenso di affetto, pace e felicità.

Come reagiva di fronte a eventi oggettivamente negativi: calunnia, la mancanza della fedeltà a Gesù Cristo, la malattia seria o la morte di qualche persona cara?

San Josemaría e Don Álvaro del Portillo, Guatemala, 19-2-1975

L’ho visto reagire sempre con grande senso soprannaturale, come un uomo dal cuore grande e di fede autentica. Secondo il tipo di contrarietà, poteva reagire con tristezza se l'evento implicava una mancanza di fedeltà a Gesù Cristo, fosse una calunnia o una mancanza di generosità con Dio. Ma applicavamo la formula che ci consigliava sempre: pregare, tacere, sorridere, perdonare. Ricordo il suo dolore, e la sua pace, al tempo stesso, quando ricevette il bollettino medico sulla malattia diagnosticata (e di cui poi morì) a José María Hernández Garnica, uno dei primi tre sacerdoti dell'Opus Dei. Mi chiese di spiegargli in dettaglio il rapporto che era stato compilato con termini tecnici. Eravamo soli in una stanza, e quando io cominciai a chiarire il significato della diagnosi e di ciò che si presagiva, San Josemaría cominciò a piangere sconsolatamente. Quando terminai di leggere, mi disse: perdono, figlio, per il cattivo esempio che ti ho dato, ma così hai visto che anche che il Padre ha cuore. E poi recitò a memoria molto lentamente, assaporandola, l’orazione che aveva incluso nel punto 691 di Cammino: “Sia fatta, si compia, sia lodata ed eternamente esaltata la giustissima d amabilissima Volontà di Dio sopra tutte le cose. -Amen. –Amen”.

E di fronte alle piccole cose della vita ordinaria, che possono costare molto ed essere fastidiose?

Sotto questo aspetto, la mia esperienza è che di solito non si notava che queste piccole cose lo colpissero, se si trattava di piccole avarie tecniche, blackout di corrente, disturbi di salute personali, ecc. Penso che questa- per così dire- apparente mancanza di reazione, era in realtà il risultato di un processo soprannaturale in cui entravano l'accettazione della volontà di Dio, la fortezza di fronte alle scomodità ed il distacco da aspetti di confort personale, fra l’altro. Era consapevole di essere di fronte ad una mortificazione passiva, e la accettava di buon grado, col desiderio di santificare le cose piccole e ordinarie, che è così specifico della spiritualità dell'Opus Dei.

Le cose andavano diversamente quando nella contrarietà c’era un elemento umano che implicava mancanza di responsabilità, negligenza, pigrizia, ecc. La maggior parte delle volte reagiva, e a volte con energia, per correggere e così aiutare la persona in questione, ma non lo faceva perché ciò che era capitato lo infastidisse, ma perché che probabilmente implicava un'offesa al Signore o almeno una mancanza di amore a Dio.

Cosa vorrebbe trasmettere della sua esperienza personale nell'Opus Dei, a quelli che sono arrivati dopo?

Direi loro di capire bene l'insistenza con cui San Josemaría esortava a completare le norme di pietà [i] che formano il piano di vita spirituale dei fedeli della Prelatura: fatemi le Norme, ripeteva spesso. Ma è necessario, come insegnò anche Álvaro di Portillo, suo immediato successore a capo dell'Opus Dei, che non sia una mera eseguzione. Con un gioco di parole, don Álvaro spiegava, che il "cumplimiento" non deve essere "cumplo-y-miento": li svolgo come compiti pendenti, compiuti nell’esatta quantità, ma forse senza curare molto la qualità. San Josemaría diceva che ogni Norma deve essere un vero incontro con Gesù Cristo; vale a dire, non un semplice atto di pietà fatto per dovere, come chi si libera di un compito per potersi dedicare ad altro. Questa è la mia esperienza: che scoprano il valore santificante di ogni Norma, compiendola con fedeltà, grande amore a Dio e con la massima attenzione possibile. Direi di farle in modo che, il livello di presenza di Dio, aumenti dopo avere completato una Norma. Così, e solamente così, arriveranno ad essere anime contemplative in mezzo al mondo, come lo è stato San Josemaría.

[i] Queste norme di pietà cristiana che praticano i fedeli dell'Opus Dei, hanno lo scopo di conoscere, trattare ed amare di più Gesù Cristo. Per esempio, partecipare alla Santa Messa, accostarsi alla Comunione, ricevere spesso il sacramento della Penitenza, leggere la Sacra Scrittura ed altri testi spirituali, recitare il Rosario, dedicare un tempo all’orazione, ecc.