Omelia del Prelato dell'Opus Dei, festa di san Josemaría, 2011

I testi liturgici della Messa di san Josemaría riassumono i punti principali dello spirito che egli cominciò a diffondere, ispirato da Dio, dal 2 ottobre 1928 in poi. «Proclamare la vocazione universale alla santità e all’apostolato», come figli di Dio, in mezzo al lavoro professionale e nelle circostanze della vita ordinaria, per «servire con ardente amore l’opera della Redenzione», attraverso un lavoro apostolico personale, di amicizia e di confidenza.

Omelia nella festa liturgica di San Josemaría

Carissimi fratelli e sorelle.

Abbiamo anticipato a oggi la celebrazione della festa liturgica di san Josemaría perché quest’anno l’anniversario del suo transito in Cielo coincide con la festa del Corpus Domini. Questa coincidenza, tuttavia, ci può aiutare a prepararci meglio a quella grande solennità. Nostro Padre vi si preparava con molto amore e continuava a celebrarla, anche nei giorni successivi, durante l’ottava allora prescritta dalla liturgia, adorando Gesù nel Santissimo Sacramento, ringraziandolo di essere rimasto con noi sotto le specie eucaristiche, riparando per le offese che riceve e pregando per il Papa, per la Chiesa, per il mondo intero.

Vi invito ad unirvi ai sentimenti che ricolmavano l’anima di san Josemaría quando era fisicamente presente in mezzo a noi. Ricorriamo alla sua intercessione affinché ottenga per noi, dalla Santissima Trinità, la grazia di essere per davvero anime eucaristiche: donne e uomini che veramente s’impegnano a fare della Santa Eucaristia, giorno dopo giorno, il centro del loro lavoro, delle loro aspirazioni e di tutta la loro esistenza.

Mi riempie di gioia il fatto che oggi ricordiamo anche l’anniversario della prima ordinazione sacerdotale di fedeli dell’Opus Dei: mons. Álvaro del Portillo, don José María Hernández Garnica e don José Luis Múzquiz, dei quali è in corso la causa di canonizzazione. Ricorriamo privatamente a quei primi tre sacerdoti dell’Opera affinché intercedano per ognuno di noi.

La chiamata all’apostolato tocca a noi

I testi liturgici della Messa di san Josemaría riassumono i punti principali dello spirito che egli cominciò a diffondere, ispirato da Dio, dal 2 ottobre 1928 in poi. Li esprime bene l’Orazione colletta: «Proclamare la vocazione universale alla santità e all’apostolato», come figli di Dio, in mezzo al lavoro professionale e nelle circostanze della vita ordinaria, per «servire con ardente amore l’opera della Redenzione», attraverso un lavoro apostolico personale, di amicizia e di confidenza. Oggi vorrei soffermarmi su quest’ultimo aspetto, considerando assieme a voi la scena della pesca miracolosa che abbiamo appena ascoltato.

In questo brano del Vangelo, che narra la chiamata all’apostolato dei primi discepoli di Gesù, si scopre il modello esemplare della vocazione apostolica dei fedeli cristiani, che il Signore va a cercare nel mezzo della loro professione. In Cammino, già negli anni Trenta, san Josemaría scriveva: «Ciò che ti meraviglia a me sembra ragionevole. — Che il Signore sia venuto a cercarti nell'esercizio della tua professione?

»Così cercò i primi: Pietro, Andrea, Giovanni e Giacomo accanto alle reti: Matteo seduto al banco degli esattori...» (San Josemaría, Cammino.) Come il buon padre di famiglia di cui parla Gesù (Cfr Mt, 13, 52)., egli seppe ricavare nuove luci dalla Parola di Dio, mostrando come aspirare alla santità nella vita ordinaria, come ribadisce Benedetto XVI nell’ Esortazione Apostolica Verbum Domini (Cfr Exhort. apost. Verbum Domini, 30-IX-2010, n. 48).

Nel contempo, la predicazione di san Josemaría si inseriva nel solco aperto dai Padri della Chiesa. Già sant’Agostino, commentando questa scena evangelica, aveva affermato che gli Apostoli «ricevettero da Gesù le reti della parola di Dio e le gettarono nel mondo, come in un mare profondo, e raccolsero tutto quel numero di cristiani che con stupore vediamo» (Sant’Agostino, Discorso 242, 2). San Cirillo d’Alessandria aggiungeva che «la rete infatti viene ancora gettata, mentre è Cristo che la riempie e chiama alla conversione coloro che, secondo la parola della Scrittura, si trovano negli abissi del mare, cioè quelli che vivono nelle onde tempestose delle cose del mondo» (S. Cirillo d’Alessandria, Commento a Luca, omelia 12.)

Adesso tocca a noi continuare la pesca divina, obbedendo al comando di Gesù, sotto la guida di Pietro, che è il padrone della barca. I frutti, oggi come allora, saranno abbondanti: «Presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano» (Lc 5, 6).

Con la sicurezza della fede

Forse, di tanto in tanto, come faceva notare nostro Padre, ci potrebbe passare per la testa l’idea che tutto ciò è molto bello, ma è un’utopia, un sogno irrealizzabile, tanto è agitato il mare del mondo in cui viviamo! Respingiamo immediatamente questo pensiero, se mai ci si presentasse, e chiediamo al Signore di aumentare la nostra fede, «con la sicurezza assoluta che le nostre aspirazioni saranno colmate dalle meraviglie di Dio» (San Josemaría, È Gesù che passa, n. 159.

La solennità di Pentecoste, che abbiamo celebrato due settimane fa, ci mostra che nulla è impossibile a Dio: Lui riempirà le reti di frutti se, da parte nostra, impieghiamo prima di tutto dei mezzi soprannaturali – l’orazione, la mortificazione, il lavoro realizzato con perfezione umana e soprannaturale – e cogliamo al volo tutte le occasioni che si presentano per avvicinare le anime a Dio.

Osserviamo l’atteggiamento di Simon Pietro. Dopo il dubbio iniziale — si era sforzato di pescare tutta la notte, senza concludere niente — si fida del Signore: «Sulla tua parola getterò le reti» (Lc 5, 5). Ed avviene il miracolo! Benedetto XVI rileva che «Pietro non poteva ancora immaginare che un giorno sarebbe arrivato a Roma e sarebbe stato qui “pescatore di uomini” per il Signore. Egli accetta questa chiamata sorprendente, di lasciarsi coinvolgere in questa grande avventura: è generoso, si riconosce limitato, ma crede in colui che lo chiama e insegue il sogno del suo cuore. Dice di sì — un sì coraggioso e generoso —, e diventa discepolo di Gesù » (Benedetto XVI, Discorso nell’udienza generale, 17-V-2006.)

La via della conversione personale

A noi succede altrettanto, se diamo ascolto al Signore e mettiamo in pratica quello che ci dice Lui, come glossa nostro Padre: «Seguitemi, e vi farò pescatori d'uomini, sarete efficaci e porterete le anime a Dio. Dobbiamo dunque aver fiducia nelle parole del Signore; dobbiamo salire sulla barca, mettere mano ai remi, issare le vele e lanciarci nel mare del mondo che Cristo ci affida come sua eredità.

Duc in altum et laxate retia vestra in capturam, spingetevi al largo e gettate le reti per la pesca!» (San Josemaría, È Gesù che passa, n. 159.)

Il comportamento di san Pietro, che si fida di Gesù più della sua esperienza personale, racchiude un prezioso insegnamento per tutti.

Perché «Anche noi abbiamo desiderio di Dio, anche noi vogliamo essere generosi, ma anche noi ci aspettiamo che Dio sia forte nel mondo e trasformi subito il mondo secondo le nostre idee»(Benedetto XVI, Discorso nell’udienza generale, 17-V-2006.)

Con queste parole, Benedetto XVI mette in guardia dall’unica cosa che può portare ad un completo fallimento: riporre la propria fiducia solo o principalmente nelle possibilità o negli sforzi umani, trascurando di ricorrere a quelli soprannaturali. Sarebbe un gravissimo errore, perché il Signore normalmente «sceglie la via della trasformazione dei cuori nella sofferenza e nell’umiltà. E noi, come Pietro, sempre di nuovo dobbiamo convertirci»(Benedetto XVI, Discorso nell’udienza generale, 17-V-2006.)

Regina degli Apostoli, prega per noi!

San Josemaría ci spronava a ricorrere alla Santissima Vergine, Regina degli Apostoli, affinché le reti — cioè il nostro lavoro professionale, le nostre iniziative, personali o in collaborazione con altri — si riempiano di efficacia al servizio della Chiesa. Che Lei ci insegni «a vivere di fede; a perseverare nella speranza; a restare uniti a Cristo; ad amarlo davvero, davvero, davvero; a seguire e gustare la nostra avventura d'Amore, perché siamo innamorati di Dio; a lasciare che Cristo entri nella nostra povera barca, e prenda possesso della nostra anima come Signore e Padrone» (San Josemaría, Amici di Dio, n. 22.) Così sia!

Basilica di sant’Eugenio, 25-VI-2011