San Josemaría e le locuzioni divine

Raramente il Padre raccontava pubblicamente episodi di questa natura, salvo che lo ritenesse necessario per il bene dell’Opera e dei suoi figli. Si sa poco, dunque, delle numerose grazie straordinarie che ricevette. Ne conosciamo solo alcune.

Le locuzioni erano rapidi tocchi della grazia che ravvivavano la sua anima e la sostenevano nella continua lotta contro lo scoraggiamento. Erano magistrali pennellate del divino Artista, che provocavano risposte eroiche da parte del Fondatore. Il Padre aveva l’esperienza sufficiente per riconoscere ciò che di inconfondibile hanno le parole di Dio. Nel suo caso particolare, lo descriveva così: “Era qualcosa di breve, concreto, che non udivo con le orecchie,… e che non avevo cercato” .

Raramente il Padre raccontava pubblicamente episodi di questa natura, salvo che lo ritenesse necessario per il bene dell’Opera e dei suoi figli. Si sa poco, dunque, delle numerose grazie straordinarie che ricevette. Ne conosciamo solo alcune.

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Era il mese di febbraio 1962. Il Padre disse agli alunni del Collegio Romano della Santa Croce: “Le cose vanno avanti, pregate. Se va a buon fine, ve lo dirò; se no, vi dirò che non è andata” (46). Si riferiva evidentemente alla sua intenzione speciale, la definitiva sistemazione giuridica dell’Opus Dei, sempre oggetto delle sue pressanti richieste al Signore, perché mostrasse la sua onnipotenza e la sua misericordia. A volte, quando dirigeva la meditazione ai membri del Consiglio Generale, fissava il Tabernacolo e diceva: “Signore, fatti vedere! Fanne una delle tue! Che si veda che sei Tu!” (47). Non chiedeva un miracolo, ma piuttosto una bella sorpresa che desse gloria a Dio e lasciasse tutti a bocca aperta.

In quei giorni aveva chiesto alla Santa Sede, su insistenza del Cardinale Ciriaci, l’erezione dell’Opus Dei in Prelatura nullius. Si è narrato precedentemente che la richiesta non fu accolta. Il Fondatore, deluso, ma non sorpreso, accettò umilmente la risposta negativa della Santa Sede. Rispettando la promessa, informò i suoi figli del tentativo fallito ma, nello stesso tempo, li incitò a non perdere la visione soprannaturale e a continuare a pregare per l’intenzione speciale, “importunando” Dio nostro Signore con costanza, con perseveranza, senza tregua:

“‘Il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo, Egli stesso vi ristabilirà, dopo una breve sofferenza vi confermerà e vi renderà forti e saldi’ (1 Pt 5,10). Perciò, a ciascuno di voi dico: clama, ne cesses, quasi tuba exalta vocem tuam (Is 58,1); grida, non stancarti di pregare, leva in alto la tua voce, che risuoni come una tromba” (48).

I suoi figli lo ascoltavano e pregavano. Come Fondatore e come Padre, spettava a lui prendersi cura della loro salute spirituale ed egli apriva loro gli occhi su quanto stava succedendo (49). Dovevano quindi mantenersi forti nella fede, saldi nella dottrina, fedeli al Magistero della Chiesa. Così li esortava: “Nell’Opus Dei, ve l’ho ripetuto in continuazione, facciamo sempre in modo di sentire cum Ecclesia, di essere in sintonia con la Chiesa di Cristo, Madre nostra” (50).

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Negli anni settanta, la vita del Padre era diventata un silenzioso olocausto. Dio lo rendeva partecipe della Croce di Suo Figlio. Per lui, la partecipazione al travaglio della Redenzione era un invito amorevole e paterno, un onore e una carezza, e serviva per purificarlo, cosa che accettava e benediva in spirito di riparazione: “A settant’anni – confessava – capisco che tutti i colpi che ho ricevuto sono serviti per purificarmi, perché sono un miserabile” (51).

Da questo punto di vista, è impossibile distinguere fasi nella vita del Fondatore, perché la sua esistenza non fu altro che una continua purificazione. Fin da bambino fu investito dal dolore, dalla presenza della morte e dai rovesci economici della famiglia; poi, nel corso degli anni, da infinite difficoltà e umiliazioni, da grandi contrarietà, dalla persecuzione e da innumerevoli sofferenze. Tutta la sua vita appare segnata da difficoltà umanamente insuperabili. Ma egli non si lamentò mai ed è davvero sorprendente la sua capacità di sopportare tante vicissitudini con serenità e allegria. Quale molla interiore lo sorreggeva, impedendogli di farsi sconfiggere dalla disgrazia, di cedere di fronte all’avversità o di sgomentarsi davanti ai pericoli? Certamente, la consapevolezza della filiazione divina gli infondeva una straordinaria energia spirituale. L’amore trionfava sul dolore, perché, spiegava ai suoi figli, perfino ciò che ci può sembrare un male è voluto da Dio per il nostro bene:

“Non dimenticate che se il Signore ci manda una gioia, è perché ci ama; e se ci manda qualche pena, è per avere la prova che lo amiamo” (52).

-- 8 maggio 1970: Si Deus nobiscum, quis contra nos?

Nel 1970 erano già trascorsi otto anni dalla solenne inaugurazione del Concilio Vaticano II e da quando egli aveva scritto ai suoi figli per chiedere loro preghiere ininterrotte per la Chiesa e per l’Opera. L’8 maggio di quell’anno, una settimana prima di partire per il pellegrinaggio in Messico, udì risuonare nella sua anima, con assoluta chiarezza, la voce del Signore: Si Deus nobiscum, quis contra nos? (53). Fu uno squarcio di luce nel buio, che gli diede grande conforto e rafforzò la sua sicurezza nella potenza divina: Dio non perde battaglie e continua ad accorrere in aiuto dei suoi figli.

-- 6 agosto 1970 : clama, ne cesses!”

Rientrato dal Messico, il Padre trascorse alcune settimane a Premeno, nel nord Italia, vicino al lago Maggiore, per riposare e lavorare. La mattina del 6 agosto 1970 don Javier Echevarría si recò come sempre in cappella per servire la Messa al Padre, e lo trovò davanti all’altare, raccolto in orazione. Stava meditando e assaporando con profonda consolazione alcune parole con cui il Signore gli aveva fatto capire di gradire molto e di tenere molto presente l’incessante clamore per la Chiesa e per l’Opera (54). Alcuni anni dopo, raccontò l’accaduto, cercando di spersonalizzarlo:

“C’era un’anima che stava passando un periodo di grande sofferenza (non è l’anima di un santo: è un’anima come la vostra, che ha alti e bassi e che è fragile e deve essere spesso riaggiustata) e, quando meno se lo aspettava, mentre pregava molto per una cosa che ancora non è avvenuta, udì nell’intimo del suo cuore: clama, ne cesses! Non è che a quell’anima piaccia sentire alcunché: ne soffre. Ma dette ascolto e continua a pregare, gridando, con fortezza. Non smettere di pregare, ti ascolto: clama, ne cesses!” (55).

-- 23 agosto 1971: Adeamus cum fiducia ad thronum gloriae ut misericordiam consequamur

Raramente il Padre raccontava pubblicamente episodi di questa natura, salvo che lo ritenesse necessario per il bene dell’Opera e dei suoi figli. Si sa poco, dunque, delle numerose grazie straordinarie che ricevette. Ne conosciamo solo alcune e fra queste ciò che accadde il 23 agosto 1971. Trascorreva alcuni giorni a Caglio, un paesino vicino a Como, nel nord Italia. Quella mattina, dopo aver celebrato la Messa e fatto il ringraziamento, si era messo a leggere il giornale quando, con grande chiarezza e con forza irresistibile, sentì imprimersi nella sua anima un’altra locuzione divina:Adeamus cum fiducia ad thronum gloriae ut misericordiam consequamur (56): ricorriamo fiduciosi al trono della gloria, per ottenere misericordia.

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Le locuzioni divine imponevano al Padre un maggior distacco. Poco dopo il clama, ne cesses! diceva ai suoi figli: “La mia attenzione è sempre fissa in Dio; sto più fuori della terra che in terra” (64). Le locuzioni riconducevano la sua vita interiore ai sentimenti misericordiosi del Cuore di Gesù, facendole imboccare nuove strade d’Amore. Tuttavia, il Padre sosteneva che la sua corrispondenza alla grazia era insoddisfacente e affermava, sconsolato: “In qualsiasi professione, dopo tanti anni, sarei già un maestro. Nell’amore di Dio sono sempre un apprendista” (65).

Il Fondatore dell’Opus Dei, I, Andrés Vázquez de Prada. Ed. Leonardo International, Milano.

NOTE:

46– AGP, P01 1982, p. 1378.

47– Ibidem.

48– Lettera 25-V-1962, n. 44.

49– Cfr Lettera 19-III-1967, n. 3.

50– Ibidem, n. 5.

51– Francisco Vives, Sum. 7471.

52– AGP, P01 1972, p. 862.

53– Cfr Rm 8, 31; cfr anche AGP, P01 1982, p. 1248; Javier Echevarría, Sum. 3276; Ernesto Juliá, Sum. 4245; Joaquín Alonso, Sum. 4934.

54– Cfr Javier Echevarría, Sum. 3275.

55– Ibidem; cfr anche Joaquín Alonso, Sum 4934; Ernesto Juliá, Sum. 4245; e Is 58, 1. “Ora non piango più – disse una volta ai suoi figli –, ma dal 6 agosto 1970 ho gridato incessantemente: clama, ne cesses!, con la piena convinzione che Dio lo vuole” (AGP, P01 1979, p. 983).

56– Il testo della Lettera agli Ebrei (4, 16) reca “trono della grazia” e non “trono della gloria”. Il Fondatore spiegava che la Madonna è trono della gloria per la sua continua e inseparabile unione di amore con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per mezzo della sua intercessione ci rivolgiamo a Dio, facendo umilmente appello alla sua misericordia (cfr Álvaro del Portillo, Sum. 1130). Il Fondatore ricorreva sempre all’intercessione della Madonna e la locuzione “lo confermò nella necessità di rivolgersi sempre a Lei” (Javier Echevarría, Sum. 3276). Il Padre disse a don Álvaro di scrivere ai membri del Consiglio per informarli di questa locuzione e fu l’unica volta che lo fece, a quanto ricorda Ernesto Juliá (cfr Sum. 4245). Cfr anche Joaquín Alonso, Sum. 4935; Mario Lantini, Sum. 3741; Blanca Fontán, PM, f. 1087. Mons. Julián Herranz, che sentì il racconto dalle labbra del Padre poco dopo il suo ritorno da Caglio, narra che in quel periodo erano già cominciati i lavori di Cavabianca, la sede definitiva del Collegio Romano della Santa Croce, e il Padre chiese che vi fosse collocato un bassorilievo in pietra con la Madonna in trono, incoronata dalla Santissima Trinità, e sul basamento le parole della locuzione. Inoltre, il Padre suggerì che, in attesa della soluzione giuridica appropriata per l’Opera, si recitassero quelle parole come giaculatoria, per ottenere dalla Madonna la grazia tanto desiderata; cosa che i suoi figli fecero per tanti anni. “Per questo – continua mons. Herranz – fu grandissima la nostra gioia e la nostra gratitudine alla Santissima Vergine quando il Papa (che non sapeva nulla di tutto ciò) rese pubblica la sua decisione di erigere l’Opus Dei in Prelatura personale proprio il 23 agosto 1982, anniversario della speciale luce divina ricevuta dal Fondatore undici anni prima” (Sum. 4030).

64 – AGP, P01 1982, p. 1402. Nel Natale del 1971 scrisse ai suoi figli e figlie: “Che Dio e la sua Santissima Madre, Madre nostra – adeamus cum fiducia ad thronum gloriae, da Maria, ut misericordiam consequamur –, ci concedano un santo Natale e ci diano la grazia di una dedizione sempre più delicata e generosa. È desiderio del Signore e sarà anche una grande gioia per vostro Padre, che ripetiamo molto: clama, ne cesses!” (Lettera, in EF-711200-2).

65 – Jesús Álvarez Gazapo, Sum. 4498, frase raccolta il 12-XI-1971.

66 – Cfr José Luis Soria, RHF, T-07920, p. 50; annotazione del 4-X-1970. Sulla brevità delle locuzioni, cfr anche Daniel Cummings, Sum. 6194.