Lettera del Prelato (Aprile 2014)

Pubblichiamo la lettera che il Prelato dell'Opus Dei ha scritto nel mese di aprile, in occasione della Settimana Santa. Partendo da alcune parole di Papa Francesco, egli invita a vivere personalmente il sacramento della Penitenza e a diffonderlo e raccoglie suggerimenti di Álvaro del Portillo per trarre profitto da questi giorni.

Pubblichiamo la lettera che il Prelato dell'Opus Dei ha scritto nel mese di aprile, in occasione della Settimana Santa.
Partendo da alcune parole di Papa Francesco, egli invita a vivere personalmente il sacramento della Penitenza e a diffonderlo e raccoglie suggerimenti di Álvaro del Portillo per trarre profitto da questi giorni.

Carissimi: Gesù mi protegga le mie figlie e i miei figli!

Ci stiamo avvicinando alla Settimana Santa: cerchiamo di ravvivare il desiderio di prepararci il meglio possibile ai giorni in cui ricorderemo e rivivremo gli avvenimenti centrali della redenzione. Torniamo ad aspirare alla conversione personale, come è proprio del tempo di Quaresima.

Nel suo Messaggio quaresimale di quest’anno, il Santo Padre invita a considerare che quando Gesù scende nelle acque del Giordano e si fa battezzare da Giovanni il Battista, non lo fa perché ha bisogno di penitenza, di conversione; lo fa per mettersi in mezzo alla gente, bisognosa di perdono, in mezzo a noi peccatori, e caricarsi del peso dei nostri peccati. È questa la via che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra miseria [1].

Il Signore è venuto in terra per guarire la nostra indigenza, che prende forme molto diverse. Oltre alla povertà materiale, che colpisce tante persone, il Papa mette in rilievo altre forme di miseria più gravi, che nascono dell’allontanamento da Dio: la miseria morale e la miseria spirituale. La prima si manifesta nel fatto che molti uomini e donne, soprattutto giovani, sono vittime di una seria dipendenza – un’autentica schiavitù – dall’alcool, dalle droghe, dal gioco, dalla pornografia, che angustiano loro stessi e le loro famiglie, che non sanno come fare per aiutarli. Questa forma di miseria, che è anche causa di rovina economica, si collega sempre alla miseria spirituale, che ci colpisce quando ci allontaniamo da Dio e rifiutiamo il suo amore. Se riteniamo di non aver bisogno di Dio, che in Cristo ci tende la mano, perché pensiamo di bastare a noi stessi, ci incamminiamo su una via di fallimento. Dio è l’unico che veramente salva e libera [2].

Non dimentichiamo che è e sarà sempre necessario mostrare a queste persone la strada per recuperare la gioia e la pace anche con la nostra lotta, con la nostra vita, e che questo cammino passa dal ricorso al sacramento della Penitenza. Cerchiamo di migliorare le nostre disposizioni, nell’accostarci a questo mezzo di salvezza istituito da Gesù, e spieghiamo ad altri come beneficiare della misericordia divina.

È questo il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna. Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana [3].

San Paolo invitava i cristiani a rivestirsi di Nostro Signore Gesù Cristo [4]. È proprio nel sacramento della Penitenza che tu e io ci rivestiamo di Gesù Cristo e dei suoi meriti [5], scrisse san Josemaría. Anche don Álvaro, confortato dal suo esempio e dalle sue parole, inculcava la necessità di prepararsi accuratamente a ricevere questo sacramento. Era convinto che le persone ascolteranno le mozioni del Signore, che chiama tutti alla santità, se si sforzano, con impegno sereno, di percorrere le vie della grazia, guidate da Dio. «Perciò», aggiungeva, «l’apostolato della Confessione è così importante. Solo quando c'è un’amicizia abituale con il Signore, fondata sul dono della grazia santificante, le anime sono in grado di percepire l’invito che Gesù ci rivolge: Se qualcuno vuole venire dietro a me… (Mt 16, 24)» [6].

Ora, prossimi ormai alla Settimana Santa, possiamo domandarci come abbiamo utilizzato questo mezzo di santificazione, se lo stiamo diffondendo presso i nostri conoscenti, se ne abbiamo approfittato durante l’anno. La prossima canonizzazione di Giovanni Paolo II mi ricorda quanto spesso il santo Pontefice diceva che i fedeli della Prelatura dell’Opus Dei hanno ricevuto il carisma della Confessione: una grazia speciale di Dio per avvicinare molte anime a questo tribunale di misericordia e di perdono, per recuperare la gioia cristiana. Non smettiamo di ricorrere al perdono di Dio, di restare suoi amici.

Con l’avvicinarsi della Pasqua, don Álvaro accresceva il suo impegno per prepararsi al Triduo pasquale. Ci diceva una volta: «Dobbiamo cercare di essere uno in più a vivere la Passione con il Maestro, in intimità di dedizione e di sentimenti; accompagnare con il cuore e con la mente Nostro Signore e la Santissima Vergine in quei tremendi eventi, dai quali non fummo assenti, perché il Signore ha sofferto ed è morto per i peccati di ognuno di noi. Chiedete alla Santissima Trinità che ci conceda la grazia di comprendere tutto il dolore che ognuno ha causato a Gesù, per acquisire l’abito della contrizione, che fu così profondo nella vita del nostro fondatore e che lo fece assurgere all'eroismo nell'Amore» [7].

Don Álvaro era profondamente impressionato dalla liturgia del Giovedì Santo. Pieno di speranza e di gioia, anche umana, meditava il dono fatto da Cristo di se stesso alla Chiesa, a ogni anima, nell’istituzione dell’Eucaristia e del sacerdozio. Visitava i sepolcri per meditare e fare proprio il significato del Sacrificio supremo di Gesù. Gli piaceva passare per le chiese dove riponevano il santissimo Sacramento con maggior solennità, anche per prepararsi meglio ad accogliere ininterrottamente Dio nella propria anima.

Diceva spesso che lo commuovevano le letture delle celebrazioni liturgiche di quei giorni, in modo particolare la narrazione della Passione secondo san Giovanni. Raccomandava la lettura e la meditazione della Passione del Signore e l’adorazione della Santa Croce. Si soffermava attentamente sul canto delle Lamentazioni, il Venerdì Santo, e sull’Exsultet, il Preconio pasquale.

In segno di gratitudine e di speranza, baciava spesso il crocifisso che portava in tasca o che appoggiava sul tavolo di lavoro. Trattiamo Gesù con autentico affetto di innamorati, come faceva don Álvaro seguendo il consiglio di nostro Padre: Il tuo Crocifisso. – Già come cristiano dovresti portare sempre con te il tuo Crocifisso. E metterlo sul tuo tavolo di lavoro. E baciarlo prima di addormentarti e al risveglio: e se il tuo povero corpo si ribella contro l’anima, bacialo anche allora [8]. Ho sperimentato che il suo modo di fare "contagiava" gli altri, che finivano per imitarlo in tali pratiche piene di robusta devozione e di naturalezza cristiana.

I ricordi del primo successore di san Josemaría, proprio nell’anno della sua beatificazione, possono esserci molto utili per crescere nella devozione e ora, in particolare, per prepararci a rivivere con amore e gratitudine la Settimana Santa. «Meditiamo a fondo e con calma le scene di questi giorni. Contempliamo Gesù nell’Orto degli Ulivi, osserviamo come cerca nella preghiera la forza per affrontare le terribili sofferenze che Lui sa così vicine. In quei momenti, la sua Santissima Umanità aveva bisogno della vicinanza fisica e spirituale dei suoi amici ma gli Apostoli lo lasciano solo: Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? (Mc 14, 37). Lo dice anche a te e a me, che tante volte gli abbiamo assicurato, come Pietro, di essere disposti a seguirlo fino alla morte e, invece, spesso lo lasciamo solo, ci addormentiamo.

«Dobbiamo dolerci delle nostre diserzioni e di quelle degli altri, e dobbiamo considerare che abbandoniamo il Signore, magari ogni giorno, quando trascuriamo di compiere il nostro dovere professionale o apostolico; quando la nostra devozione è superficiale, grossolana; quando ci giustifichiamo perché umanamente sentiamo il peso e la fatica; quando ci manca il divino anelito di assecondare la Volontà di Dio, anche se l’anima e il corpo vi si oppongono» [9].

Don Álvaro imparò alla scuola di san Josemaría come meditare la Passione del Signore. Per questo, come ho scritto, ci incoraggiava a metterci sempre di più nel Vangelo, come un personaggio in più, traducendo in preghiera personale le scene che contempliamo. Così sorgerà nelle nostre anime il risoluto impegno di riparare, con cuore grande, per i peccati di tutta l’umanità, non solo per le nostre mancanze. «Nel meditare la Passione», ci confidava in una lettera di famiglia, «sorge spontaneo nell’anima un anelito di riparare, di consolare il Signore, di alleviare i suoi dolori. Gesù soffre per i peccati di tutti, mentre al giorno d’oggi gli uomini si impegnano, con triste tenacia, a offendere molto il loro Creatore.

«Decidiamoci a riparare! È vero che tutti sentite il desiderio di dare molte gioie al nostro Amore? È vero che comprendete che una nostra mancanza, per piccola che sia, deve comportare un grande dolore per Gesù? Per questo insisto che teniate in grande considerazione il poco, valorizziate i piccoli particolari, abbiate un autentico terrore di cadere nella routine: Dio ci ha concesso tanto, e Amore con amor si paga! Mi rivolgo a Gesù, contemplandolo sul patibolo della Santa Croce, e lo supplico di ottenerci il dono che le nostre confessioni sacramentali siano più contrite: perché,come ci insegnava nostro Padre, è appeso a quel Legno da venti secoli ed è ora che vi ci mettiamo noi. Lo supplico anche perché accresca in noi l'urgente anelito di portare più anime alla Confessione» [10].

All’inizio della Settimana di Pasqua ricorderemo con gratitudine l’anniversario della prima Comunione di san Josemaría. Era il 23 aprile 1912. Da allora, fino al giorno del suo transito al Cielo, quante volte Gesù sacramentato trovò dimora nel cuore e nell’anima del servo buono e fedele che fu il nostro fondatore! Lo preparava così, con un dispendio di grazie, alla missione che gli avrebbe affidato in seno alla Chiesa. Il 27 avrà luogo la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II. Quel giorno, il nostro ringraziamento salirà al Cielo impregnato dalla gioia di avere due nuovi intercessori che conobbero e amarono l’Opus Dei durante la loro vita terrena.

Continuate a presentare al Signore, quotidianamente, le mie intenzioni, specialmente nel santo sacrificio dell’altare. Lì siete sempre presenti tutti e tutte, con la Chiesa, con l’umanità intera. Non smettiamo di pregare – di amarli, perché ne hanno bisogno – per chi si allontana dalla nostra Santa Madre Chiesa o la attacca.

Con tutto il suo affetto, vi benedice

vostro Padre

+ Javier

Roma, 1° aprile 2014.

© Prælatura Sanctæ Crucis et Operis Dei

[1] PAPA FRANCESCO, Messaggio per la Quaresima, 26-XII-2013.

[2] Ibid.

[3] Ibid.

[4] Cfr. Rm 13, 14.

[5] SAN JOSEMARÍA, Cammino, n. 310.

[6] DON ÁLVARO, Lettera, 1-XII-1993.

[7] DON ÁLVARO, Lettera, 1-IV-1987.

[8] SAN JOSEMARÍA, Cammino, n. 302.

[9] DON ÁLVARO, Lettera, 1-IV-1987.

[10] DON ÁLVARO, Lettera, 1-IV-1987.