L’artista indaga sulla realtà per cercare verità e risposte

Paola Grossi Gondi

Santificare quadri, musiche, sculture e poesie. Può sembrare strano, eppure è possibile.

Quello dell’artista è uno dei tanti lavori che permettono all’uomo di incontrare Dio nel cammino della sua vita quotidiana.

Lo conferma Paola Grossi Gondi, pittrice, che ha trovato nella spiritualità dell’Opus Dei la strada per rinnovare la qualità del suo lavoro attraverso un rapporto più personale con Dio.

Le opere di un artista - spiega Paola - sono lo specchio dei suoi pensieri e delle sue esperienze personali. L’artista indaga sulla realtà che lo circonda, cercando delle risposte e delle verità. Personalmente, nella mia pittura, ho voluto riflettere su ciò che da sempre mi aveva colpito: i particolari. I miei quadri sono inquadrature strette e ben delimitate di un piccolo spazio. Spesso si tratta di spazi quotidiani, visti in situazioni di grande normalità. Ad esempio, camminando per la strada o osservando l’interno di una stanza.

Tutto questo ha stimolato in lei una riflessione?

Grazie alla scoperta dei particolari, mi sono accorta di come fosse ricca la realtà intorno a noi. Sentivo che questa strada mi dava molta gioia, ed avvertivo la presenza di alcune risposte che cercavo. Mi emozionavo, sempre di più, nel rendermi conto della ricchezza di tante piccole cose. Ho pensato che qualcuno le aveva messe a nostra disposizione, affinché ne potessimo godere, ma ne ignoravo il motivo.

Attraverso questo percorso, lei è giunta all’incontro con l’Opus Dei?

Preferisco parlare di un incontro con ‘persone’ dell’Opus Dei. L’Opera, infatti, non è qualcosa di astratto, ma una realtà che si concretizza nella vita vissuta. Queste persone, appassionate d’arte, mi hanno aiutato a trovare la chiave di lettura che cercavo. Grazie a loro, ho compreso che tutte le cose belle intorno a noi erano state messe dal Creatore. Ho capito d’aver ricevuto in dono da Dio il talento di scoprire questa bellezza e rielaborarla. Scoprire il suo infinito amore mi ha aiutata a trovare una marcia in più, come donna e come artista.

Che cosa è cambiato, concretamente, nella sua vita?

Nulla. Ho continuato a raccontare la bellezza dei piccoli particolari, attraverso la mia pittura. Ma ho avuto la consapevolezza di essere parte di un progetto più grande , fantastico ed universale: quello di un Dio che è anche Padre. Un Creatore che ha messo a nostra disposizione tante cose meravigliose. Ovviamente, la vita conserva sempre le sue incertezze, i suoi ostacoli, i suoi alti e bassi. Ma, con un Padre così, è bello affrontarla.

Quanto è importante avere una vita spirituale?

La consapevolezza di essere figli di Dio ci aiuta ad avere una padronanza maggiore della nostra missione su questa terra. Spinge a prendere coscienza della propria dignità e a correggere alcune situazioni. Gli artisti, ad esempio, sono un po’ egocentrici ed hanno una grande voglia di ‘farsi notare’. Tutto questo, grazie alla vita spirituale, viene ridimensionato nel giusto modo. Personalmente, ho capito di essere al mondo soprattutto per servire. E la mia arte, quindi, non è altro che un servizio.

Questa consapevolezza l’ha spinta a cercare anche nuove iniziative, nel campo dell’arte?

Ho sentito più impellente la necessità di ampliare i miei orizzonti. Non potevo continuare a pensare soltanto a me stessa e ai miei quadri. Avvertivo, sempre di più, la sensazione di essere un elemento in una grande orchestra. E’ bello fare gli ‘assoli’, ma il vero successo di un gruppo musicale si realizza pienamente quando tutti gli strumenti suonano in armonia. Per questa ragione, insieme ad altri amici, abbiamo dato vita all’associazione ‘Arte 21’”, per cercare di muovere le acque del grande mare dell’arte.

Quali sono gli obiettivi di questa associazione?

Sostenere gli artisti più giovani. Ampliare il messaggio della ricerca della bellezza ed offrirlo agli altri. Purtroppo, negli ultimi tempi, l’arte si è spesso limitata ad accusare il degrado umano. Questo è anche giusto. Ma nella vita non si può soltanto piangere. Bisogna rimboccarsi le maniche e provare a costruire qualcosa. E poi, perché non provare a continuare il discorso iniziato dagli artisti nostri predecessori? Siamo in Italia, e i nostri antenati ci fanno fare ancora bella figura nel mondo. Sarebbe bello riuscire a riagganciarsi a loro.

Perché è stato scelto il nome ‘Arte 21’?

Per indicare che vorremmo provare a fare qualcosa di buono nel ventunesimo secolo. Tentare di lasciare una traccia, come diceva Josemaría Escrivá in ‘Cammino’.

Quale messaggio sente d’aver ricevuto, personalmente, dalla formazione dell’Opus Dei?

Quello che tutti hanno ricevuto da Escrivá: l’invito a santificare la vita quotidiana. Non attraverso azioni straordinarie, ma nelle circostanze ordinarie della nostra giornata. Andare in Paradiso dipingendo!.

I suoi quadri ritraggono dei piccoli particolari. Si possono considerare, in un certo senso, una metafora del messaggio dell’Opus Dei?

Escrivá ci ha invitato a scoprire l’importanza dei piccoli gesti d’amore nella vita ordinaria. Quando, anni fa, incontrai le prime persone dell’Opus Dei, capii che tra noi esisteva un’affinità. La cosa bella è che loro cominciarono a spiegarmi il messaggio dell’Opera guardando i miei quadri. Sottolineavano l’importanza dei piccoli gesti della vita quotidiana, così simili a quei piccoli particolari che avevo sempre amato cogliere nella mia pittura.

Che cosa ha scoperto, di nuovo, in quei piccoli particolari?

L’infinito amore di Dio. La consapevolezza del grande dono che il Signore ha voluto farci. In fondo, la stessa cosa può accadere nella nostra vita. Noi ci rendiamo conto dell’amore di qualcuno dalle piccole attenzioni che ha nei nostri confronti. Dai dettagli, non dalle grandi promesse. Così, ora, io posso sentire l’amore di Dio attraverso un semplice raggio di luce che entra nella mia stanza. Le persone dell’Opera mi hanno aiutato a capire tutto questo. Una piccola pozzanghera può riflettere il cielo infinito!