L'Opus Dei? Il luogo della mia storia d'amore con Cristo

Quando qualcuno mi chiede che cosa è per me la vocazione all'Opus Dei dico sempre che è la mia storia d'amore con Cristo. E ogni storia d'amore ha avuto il suo "colpo di fulmine", le sue difficoltà e ma anche tante gioie

Presentiamo una testimonianza che offre un quadro di che cosa vuol dire vivere una storia d’amore per Cristo e la sua Chiesa attraverso la vocazione all'Opus Dei.

Viva la libertà!

Ho conosciuto l'Opera da quando avevo 8 anni a Verona, mia città natale; oggi ho 40 anni e da 15 vivo a Inveruno. Mia mamma partecipava alle attività parrocchiali e ha ricevuto un invito per le sue figlie (siamo 4 sorelle) a delle attività in un club per ragazze diretto da persone dell'Opera. Era molto scettica ma ha proposto alla più grande tra noi d'andare (era sicuramente la più "criticona"): se fosse piaciuto a lei, allora avrebbe mandato anche noi! Da allora la storia della mia famiglia si è intrecciata con la storia dell'Opera e oggi a distanza di 32 anni io, mia madre e la mia sorella maggiore siamo membri soprannumerari dell'Opus Dei, la seconda sorella è da 30 anni una felice numeraria e l'altra mia sorella, mio fratello e mio padre non sono dell’'Opera: "viva la libertà" direbbe il Fondatore, San Josemaría.

Non posso pensare alla mia storia, alla mia formazione, al mio modo di lavorare, al mio bagaglio culturale e umano senza l'Opus Dei. È tutto quanto in questi anni ho ricevuto, e ringrazio Dio che quel giorno mia sorella si sia divertita al club e abbia iniziato questa avventura. Settimanalmente partecipo alle attività formative dell'Opera e questo è un gran bene per la mia vita e credo che di questo ne beneficino anche le persone della mia famiglia (a proposito, mio marito non è dell'Opus Dei, quando mi ha conosciuto ha saputo immediatamente della mia vocazione, non mi ha mai ostacolata e sono certa del suo affetto e simpatia nei confronti di tutto ciò che ha a che fare con l’Opera).

Quando qualcuno mi chiede che cosa è per me la vocazione all'Opus Dei dico sempre che è la mia storia d'amore con Cristo. E per me ogni storia d'amore ha avuto il suo"colpo di fulmine", le sue difficoltà e ribellioni ma anche tante gioie e consolazioni; l'Opera per me è famiglia e come in ogni famiglia ci possono essere dissapori, incomprensioni e a volte anche punti di vista e impostazioni diversissimi, ma questo non mi porta a rinnegarla e a metterla in dubbio: aprendo il cuore sincèramente, tutto si appiana.

Sincerità, amabilità, ordine, allegria.

Nell'Opera ho imparato quanto sia importante la preghiera (che può essere un rosario magari recitato per strada ma anche un'ora di lavoro in casa con i figli), come tutto nella mia vita ha "un qualcosa di santo, di divino", il valore enorme che può avere la mia giornata se inizia con la santa Messa, la cura nei confronti del sacramento della confessione.

Nell'Opera ho imparato l'importanza delle virtù umane (non c'è santo se prima e sotto non c'è un uomo!): la sincerità, l'amabilità, l'ordine, l'allegria, la laboriosità, la fortezza. Nell'Opera ho imparato anche il valore della mortificazione, termine molto poco di moda. A 15 anni non mi hanno fatto vedere cilici o fruste, ma ho sentito dire che a volte un sorriso costa più di un'ora di cilicio e devo dire che è proprio vero. La mortificazione è tale se non mortifica gli altri, se è libera e se passa inosservata. Ecco che ho spesso sentito parlare e cerco di vivere la mortificazione della puntualità, la mortificazione della lingua (tacere e sorridere!), la mortificazione della gola («un po' di più di quello che mi piace di meno e un po' di meno di quello che mi piace di più» !) e tante altre forme di rinuncia (chi non ha imparato da piccolo i famosi "fioretti"?) che non valgono certo per se stessi o come forme di autopunizione, ma come modo di pregare anche con il mio corpo, di unirmi a Cristo con tutta la mia persona. Per inciso, l'uso libero delle mortificazioni corporali appartiene alla tradizione della Chiesa ed è di pochi giorni fa la notizia che anche Giovanni Paolo II ha praticato discipline: e allora, qualcuno si scandalizza?

Beni economici e iniziative apostoliche

E l'Opera e i soldi? C'è chi fa elemosine per le missioni, chi aiuta le comunità di recupero per i tossicodipendenti, molti aiutano con offerte i Centri di aiuto alla vita come quello che presiedo. E allora perché mai sono disdicevoli elemosine fatte alle numerosissime iniziative apostoliche che l'Opera promuove in tutto il mondo?

Non mi scandalizzo che mia sorella numeraria abbia fatto testamento in favore dell'Opera; è chiaro che dei suoi beni può e deve disporre come meglio crede e lei ha l'ovvio desiderio e preoccupazione di lasciare quanto in suo possesso alla sua famiglia, che è l'Opera. Nessuno l'ha mai obbligata in questo e nessuno di noi familiari si è sentito tradito o defraudato dal fatto che lei faccia delle sue proprietà ciò che meglio crede, certi del fatto che il fine a cui andranno le sue cose sarà positivo e per il bene di molte persone. Mia sorella è una donna felice, bella (non lo dico solo io), frequenta moltissime persone per lavoro sia di formazione che professionale, dorme non grazie a psicofarmaci ma per la stanchezza di una giornata di lavoro intensa, quando c'è stato e c'è bisogno di lei è pronta a tornare a casa e a mettersi a disposizione. Ha ormai 25 anni di vocazione da numeraria e non dubito che avrà avuto le sue difficoltà, problemi, contrasti. Ma che può dire una moglie, come me, dopo 15 anni di matrimonio? Solo rose e fiori? Torno a quanto ho detto prima: la vocazione all'Opus Dei è la mia storia d'amore con Cristo, che non è un'idea, una serie di regole, di prescrizioni, di doveri: ma è una Persona viva oggi e presente nella mia vita e che ho imparato a conoscere, amare, frequentare, scoprire quotidianamente grazie all'Opus Dei. Tutto quanto appartiene alla spiritualità dell'Opera e tutte le sue consuetudini, forme di governo o organizzazione ecc. è stato ben descritto dal Fondatore in quello che viene detto "Catechismo dell'Opera" che certo non è un contro catechismo della Chiesa! Ma è una descrizione dettagliata di tutto ciò che l'Opera è.

Segretezza? Pressioni?

Io non vado certo in giro con un distintivo, ma credo siano più coloro che sanno della mia appartenenza all'Opera che no, sia per questioni legate al mio lavoro nel Centro di aiuto alla vita che per relazioni d'amicizia, scuola delle mie figlie... Ho contatti e vere amicizie con persone che appartengono ai più diversi movimenti ecclesiali, formazioni politiche o che hanno diverse esperienze culturali, estrazioni sociali e professioni.

Non ho mai avuto pressioni perché chiedessi l'ammissione all'Opera o perché tacessi la mia vocazione, anzi! Ho chiesto l'ammissione all'Opera a vent'anni e l'ho detto subito in famiglia: in casa mia le cose belle si sono sempre dette! E così è stato per mia sorella numeraria: ricordo le lacrime di mio padre quando è andata a vivere in un centro dell'Opera, ma ricordo anche il suo abbraccio commosso la sera prima del mio matrimonio ed il giorno prima della partenza da casa di mio fratello per un lavoro lontano da Verona. A chi mi chiede dell'Opera non ho mai nascosto nulla, anzi! questo mi facilita l'avvicinare altri a Cristo e alla Chiesa! (...)

Maria Teresa Ceni

Pubblicato in Ordine e Libertà