L'abbraccio di un santo

Fernando Chumaceiro, ex sindaco di Maracaibo (Venezuela),racconta in questo articolo il suo incontro con San Josemaría nel 1974: "all'ora precisa si aprì improvvisamente una porta ed entrò rapidamente una tonaca in un vortice: era monsignore Escrivá. Ci salutò con molto affetto, come se ci avesse aspettato per tutta la vita".

Articolo pubblicato in El Regional de Zulia

Fernando Chumaceiro, ex sindaco di Maracaibo (Venezuela)

Fernando Chumaceiro. Foto: elmundodelanoticia.com

Eravamo circa a metà –credo- del primo trimestre del 1974 quando, per un motivo di lavoro, dovetti fare un breve viaggio a Roma. Sapendo questo, un mio amico d'infanzia, José Joaquín García Arenas, si impegnò al massimo perché io andassi a trovare monsignor Josemaría Escrivá de Balaguer, fondatore dell'Opus Dei. Non so chi né come l'ottenne, però la cosa certa è che, quando sono arrivato a Roma, accompagnato da mia moglie, già avevamo confermato il giorno e l'ora in cui "il Padre", come era solito chiamarlo José Joaquín, ci avrebbe ricevuto.

Anche se a quel tempo avevo acquisito una visione cristocentrica della vita, mi trascinavo dietro ancora alcuni pregiudizi della mia vita precedente e l'Opus Dei non ne era esente; perciò mi dava un po' fastidio distogliere parte di un tempo molto breve per qualcosa che per me, in quel momento, non aveva né l'interesse né l'importanza che la brevità del viaggio mi consentivano: tuttavia, José Joaquín aveva insistito tanto ed era tale la sua ammirazione per monsignor Escrivá, che tutti gli argomenti che ho utilizzato per spiegare che non avevo tempo per attenermi alla sua raccomandazione furono totalmente inutili.

Ci parlò con una voce piena di calore umano, di tenerezza e di affetto. Ci disse che il segreto della felicità coniugale sta nel quotidiano

Arrivammo con alcuni minuti di anticipo all'appuntamento: viale Bruno Buozzi 75. Fummo condotti a un piccolo salotto d'attesa, sobrio ma accogliente. Non ho mai avuto una buona memoria per i dettagli. Di quell'incontro, tuttavia, ricordo quanto segue: all'ora precisa si aprì improvvisamente una porta ed entrò rapidamente una tonaca in un vortice: era monsignor Escrivá. Ci salutò con molto affetto, come se ci avesse aspettato per tutta la vita. Ci fece sentire che per lui la nostra presenza era importante. Tutta la conversazione girò intorno al nostro matrimonio. Come ci siamo conosciuti, da quanti anni eravamo sposati, quanti figli avevamo, la loro età, le nostre rispettive occupazioni. Ora mi rendo conto che in pochi minuti ebbe una breve biografia della coppia, tanto di quello che ci rendeva felici che di quello che ci angosciava. Ci parlò con una voce piena di calore umano, di tenerezza e di affetto. Ci disse che il segreto della felicità coniugale sta nel quotidiano, nel lavoro di tutti i giorni, nella santificazione della coppia attraverso il sacramento del matrimonio, della famiglia come chiesa domestica. Diceva queste cose non come uno che pronuncia un discorso, o che ripete parole a memoria, ma come chi parla dal pozzo profondo delle sue convinzioni, con la forza della sua fede e con l'intonazione di una preghiera. Parlò dell'opera soprannaturale che implicano la fondazione di una famiglia, l'educazione dei figli e la cristianizzazione della vita nella società.

Non ricordo quanto durò il colloquio perché mentre andava avanti ho perso la nozione del tempo, alla fine ci sembrava che l'avessimo conosciuto da tutta la vita. Ho nella mia memoria la sua immagine, in piedi, nel congedarci. In quel momento pensai che ero di fronte a un uomo che traspirava santità. Ci demmo un abbraccio forte e caldo, non di circostanza, ma di trascendenza, mi strinse forte tra le braccia per diversi secondi -che a me sono apparsi sempre immeritati- mi toccò col volto la guancia, come facciamo noi genitori coi nostri figli quando ci congediamo, sentii in quel momento che da quell'essere umano sgorgava un'energia eccezionale, fuori del comune, come se lui vibrasse tutto in quell'abbraccio, sotto l'impulso di un cuore che annunciava in ogni battito l'esistenza di Dio.

Nel ricordare quest'incontro, sento come se Josemaría Escrivá de Balaguer prolungasse, al di là del tempo e dello spazio, il calore umano di quell'abbraccio!