San Josemaría a Madrid: I primi passi dell’Opus Dei

Terminato il ritiro nel quale aveva "visto" l’Opus Dei, San Josemaría si immerse nelle sue attività; e si mise a cercare persone con le quali iniziare il nuovo lavoro che Dio gli aveva affidato e che diventava prioritario nel suo cuore, nella sua testa e nelle sue azioni.

Terminato il ritiro nel quale aveva ricevuto le luci fondazionali dell’Opus Dei, San Josemaría si immerse nelle sue numerose attività; si mise, inoltre, a cercare persone con le quali iniziare il nuovo lavoro che Dio gli aveva affidato e che diventava decisamente prioritario nel suo cuore, nella sua testa e nelle sue attività. Poco a poco andò ampliando il campo del suo lavoro: uomini e donne, studenti, operai, sacerdoti, infermi.

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Calle Garcia de Paredes, 21a. Asilo Porta Coeli:

Il primo circolo di formazione cristiana dell’Opus Dei.

L’Asilo di Porta Coeli, tenuto da religiose, si dedicava all’educazione e alla custodia dei “golfillos”, ragazzi abbandonati, dai sei ai quattordici anni, che facevano le attività più strane per sopravvivere: alcuni raccoglievano mozziconi da terra e li rivendevano, altri trasportavano bagagli o lavoravano come lustrascarpe. Josemaría Escrivá andava spesso a confessare e a spiegare il catechismo a quei ragazzi ricoverati nell’asilo.

Proprio in quel luogo – nel quale oggi si erge un altro edificio – il Fondatore diede il primo circolo di formazione cristiana a tre giovani studenti: Juan Jiménez Vargas con due suoi amici. Era sabato 21 gennaio 1933. «Sabato scorso, con tre ragazzi a Porta Coeli, ho dato inizio, grazie a Dio, al lavoro patrocinato da S. Raffaele e S. Giovanni».

Juan fu impressionato dalla fede e dalla devozione che trasparivano dai gesti e dalle preghiere liturgiche, «soprattutto dal suo modo di tenere in mano l’ostensorio e di impartire la Benedizione». Alcuni anni più tardi, il sacerdote avrebbe spiegato dove stava andando il suo pensiero mentre dava la benedizione con il Santissimo:

«Finita la lezione, andai in cappella con quei ragazzi, presi il Signore sacramentato nell’ostensorio, lo alzai, benedissi quei tre..., e ne vedevo trecento, trecentomila, trenta milioni, tremila milioni..., bianchi, neri, gialli, di tutti i colori, di tutte le combinazioni che l'amore umano può fare. E mi sono sbagliato per difetto, perché tutto è diventato realtà nel giro di quasi mezzo secolo. Mi sono sbagliato, perché il Signore è stato molto più generoso».

Calle Martínez Campos, n. 4.

Cerca Cristo. Trova Cristo. Ama Cristo.

Gli Escrivá risedettero al numero 4 di Calle Martínez Campos dal dicembre 1932 all’estate del 1933. Nell’ultimo anno San Josemaría tenne in quella casa numerose lezioni e circoli di formazione cristiana ad alcuni giovani.

Cerca Cristo. Trova Cristo. Ama Cristo. San Josemaría scrisse questa dedica nella prima pagina di un libro sulla Passione del Signore. Questa frase riassume il messaggio che insegnava ai giovani.

Anche in questa casa San Josemaría incontrò vari studenti tra i quali Ricardo Fernández Vallespín per il quale scrisse una dedica sulla prima pagina di un libro sulla Passione del Signore: Cerca Cristo. Trova Cristo. Ama Cristo. Questa frase riassume il messaggio che San Josemaría insegnava ai giovani.

Una coincidenza storica: la casa degli Echevarría

Nel 1940, in Calle Martínez Campos c’era un centro dell’Opus Dei, alla cui preparazione partecipò direttamente il Fondatore. Per caso, in quello stesso edificio risiedeva la famiglia Echevarría. Uno dei figli, Javier, è attualmente il secondo successore di Josemaría Escrivá alla guida dell’Opus Dei. “Da piccolo ho vissuto – commentava il Prelato dell’Opus Dei in un’intervista – nello stesso stabile dove c’era un centro dell’Opus Dei in Martínez Campos, 15.

Ricordo molto bene il giorno che si spostarono con tutti i mobili in un altro posto. Eravamo nel 1940 o 1941. Il portiere, per tutta spiegazione, ci aveva detto: sono degli uffici dove vivono anche alcuni signori. L’uomo sapeva di più però disse solo questo. La cosa curiosa è che io ho registrato queste parole mentalmente.

Passato il tempo, quando seppi che il fondatore dell’Opera aveva frequentato molto quella casa e che era andato su e giù per quelle scale senza prendere l’ascensore, ho pensato che forse ci eravamo incrociati qualche volta. E che sicuramente mi avrà raccomandato al mio Angelo Custode, chiedendo la mia vocazione. Era solito farlo quando passava accanto a qualcuno”.

Piazza Chamberí

Tacere anche se mi insultano, “lapidarli” con le avemarie.

“Una sera, nella piazza di Chamberí (…), qualcuno mi ha tirato in testa una manciata di fango (…) Non ho fiatato. Anzi: il proposito di cui sto parlando è di “lapidare” questi poveri odiatori a forza di avemarie.”

Come tanti altri sacerdoti di Madrid, San Josemaría sopportò insulti e aggressioni fisiche per la sua condizione di sacerdote durante gli anni che precedettero la guerra civile.

Proseguono le raffiche di insulti ai sacerdoti(…) Ho fatto il proposito, che rinnovo, di tacere anche se m'insultano, anche se mi sputano addosso. Una sera, nella piazza di Chamberí, mentre mi recavo a casa di Mirasol, qualcuno mi ha tirato in testa una manciata di fango, che quasi mi ha tappato un’orecchia. Non ho fiatato.

Anzi: il proposito di cui sto parlando è di “lapidare” questi poveri odiatori a forza di avemarie.

Calle Luchana, n.33. L’Accademia DYA. Dio e Audacia.

Da Piazza Chamberi si esce su Calle Luchana. Al primo piano del n. 33 di questa strada, che fa angolo con Calle Juan de Austria, c’era la prima sede dell’Accademia DYA, voluta fortemente da San Josemaría e che rimase aperta dal dicembre 1933 al giugno 1934.

Al primo piano del n. 33 di Calle Luchana (a destra dell’edificio della foto) c’era la prima sede dell’accademia DYA.

«La prima attività corporativa» disse il Fondatore in una meditazione del 19-III-1975 «fu l'Accademia che chiamavamo DYA Diritto e Architettura perché vi si davano lezioni di queste materie; ma per noi la sigla significava Dio e Audacia».

Don Josemaría fece un disegno della targa di metallo per la porta. Isidoro si occupò di farla fondere in un'officina di Malaga.

L'appartamento di via Luchana, numero 33, occupato dall'accademia, disponeva di ben pochi locali. Era un centro culturale dove gli studenti assistevano a lezioni o a conferenze. Di fatto, era qualcosa di più di un centro accademico; era un luogo di formazione cristiana per giovani universitari, che potevano anche parlare con il sacerdote e farsi dirigere spiritualmente. L'aspirazione di don Josemaría era che il clima che vi si respirava fosse quello di un ambiente familiare, pensiero che espresse con queste parole: «Per quelli di S. Raffaele, l'accademia non è l'accademia. E' la loro casa»

Aveva anche scritto, in precedenza: «Ci sia nelle accademie, insieme alla biblioteca, una buona sala di studio, comodissima, per quelli di S. Raffaele». Il superlativo, pur benintenzionato, aveva poco o nulla a che vedere con quell'appartamento. Ciò che con enfasi chiamavano sala di studio era un locale piuttosto irregolare e piccolo, senza altra decorazione che l'immagine incorniciata della Madonna del Catechismo. Lo studio dove il sacerdote riceveva era ancora più piccolo.

A fine pomeriggio, quando ritornava dal confessare, dalle visite ai malati o dal fare lezione, trovava lo studio e gli altri locali occupati dagli studenti. Nonostante si sentisse stanco morto si dominava e, rifugiatosi nella cucina della casa, si preparava a ricevere i giovani in colloqui confidenziali e ad ascoltare le confessioni. I penitenti che sfilavano di là erano in tal numero che, scherzando, diceva che quella cucina era una vera cattedrale.

Calle Santa Engracia, n. 11. Il Patronato degli Infermi.

Fra i poveri di Madrid.

Durante i suoi primi anni a Madrid sviluppò un’instancabile attività sacerdotale nel suo lavoro come cappellano del Patronato degli Infermi.

Se si cammina su per la strada, mantenendosi sul marciapiede di sinistra, passata Calle Longoria, si arriva a Calle José Marañón. Qui si trova il Patronato degli Infermi, fondato da donna Luz Rodríguez Casanova. Durante i suoi primi anni a Madrid Don Josemaría sviluppò una instancabile attività sacerdotale nel suo lavoro come cappellano di questa istituzione.

Durante questo periodo, Don Josemaría preparò migliaia di bambini affinché potessero ricevere la Confessione e la Prima Comunione; e visitò migliaia di infermi e invalidi andandoli a trovare sia nelle loro case che negli ospedali.

Percorreva Madrid da un estremo all’altro, giorno dopo giorno, per amministrare gli ultimi sacramenti ai moribondi e ai disperati dei quartieri più poveri e miserabili della città.

Calle Nicasio Gallego, n. 24. La chiesa del Patronato.

Orazione “senza voglia”. Gesù sono qui per farti piacere.

Chiesa del Patronato, dove San Josemaría passò tanti momenti di orazione

Se si cammina per calle Nicasio Gallego, sul marciapiede contiguo al Patronato, si incontra l’antica porta della Chiesa del Patronato. Questa porta, sormontata da un’immagine del Sacro Cuore, è di solito chiusa.

In questa chiesa il Fondatore passò molti momenti di orazione che sono rimasti intimamente segnati nella sua anima. Riferiva l’8 settembre 1931:

«Ieri pomeriggio, alle tre, mi sono recato sul presbiterio della chiesa del Patronato a fare un po' di orazione davanti al Santissimo Sacramento. Non ne avevo voglia. Ma lì restai, come un fantoccio. Talora, ritornando in me, pensavo: Tu vedi, buon Gesù, che se sto qui è per Te, per farti piacere. Nulla. La mia immaginazione andava a briglia sciolta, lungi dal corpo e dalla volontà, allo stesso modo in cui un cane fedele, sdraiato ai piedi del padrone, dormicchia sognando corse e caccia e amiconi (cani come lui) e si agita e guaisce in sordina... ma senza staccarsi dal suo padrone. Così stavo io, proprio come un cane, quando mi resi conto che, senza volerlo, ripetevo delle parole latine cui non avevo mai fatto caso e che non avevo motivo di serbare nella memoria. Persino ora, per ricordarle, dovrò leggerle sulla scheda che porto sempre in tasca per segnarmi ciò che Dio vuole. (Sul foglietto di cui sto parlando, mosso istintivamente dall'abitudine annotai, lì nel presbiterio, quella frase, senza darle importanza): così dicono le parole della Scrittura che mi trovai sulle labbra: "Et fui tecum in omnibus ubicumque ambulasti, firmans regnum tuum in aeternum" (sono stato con te dovunque sei andato): applicai l’intelligenza al senso della frase, ripetendola adagio. E ieri pomeriggio, e oggi stesso, quando ho riletto queste parole (poiché, ripeto, quasi che Dio si fosse impegnato a confermarmi che erano sue, non le ricordo da una volta all'altra) ho compreso bene che Cristo Gesù voleva dirmi, per nostra consolazione, che l'Opera di Dio starà con Lui in ogni luogo, consolidando il regno di Gesù Cristo per sempre».

Al numero 1 di Calle Alcalá Galiano, mentre celebrava la Messa, San Josemaría comprese che doveva cominciare il lavoro con le donne dell’Opus Dei.

Calle Alcalá Galiano, n. 1.

Le donne dell’Opus Dei

Al numero 1 di Calle Alcalá Galiano si trovava il domicilio di Leónides García San Miguel, madre di Luz Casanova. Lì il 14 febbraio 1930, mentre celebrava l’Eucaristia, comprese che doveva cominciare il lavoro con le donne dell’Opus Dei:

Stavo celebrando la Messa nella cappella della vecchia marchesa di Onteiro (…) Durante la Messa, subito dopo la Comunione, tutta l'Opera femminile!

Appariva quel giorno qualcosa di nuovo, qualcosa che era già implicito nella visione generale del 2 ottobre 1928.

Quel 14 febbraio 1930 Il Signore mi fece sentire quello che sperimenta un padre che non aspetta più un altro figlio quando Dio glie lo manda. E, da allora, mi sembra che sono obbligato ad avere più affetto – dicevo - : vi guardo come una madre guarda il figlio più piccolo.