Dall’evento, un invito per tutti alla riflessione

La canonizzazione di Josemaría Escrivá, le parole del Papa e la partecipazione di una folla immensa in "Il giornale di Brescia".

La canonizzazione di Josemaría Escrivá, le parole del Papa e la partecipazione di una folla immensa en la crónica de Arcangelo Paglialunga publicada en Il giornale di Brescia.

Dal rito della canonizzazione del sacerdote Josemaría Escrivá, che si è svolto di fronte ad una folla immensa, deriva, in primo luogo una esortazione e, poi, un invito alla riflessione.

L’esortazione è quella che il Papa ha fatto sua desumendola dagli insegnamenti del Santo della vita quotidiana: «La preghiera può salvare il mondo». Ma non la preghiera intesa come ripetizione di formule e di invocazioni, pur importanti, ma considerata, innanzitutto come «unione quotidiana» con Dio nel lavoro, in famiglia, nella università, nella vita, insomma, in tutte le sue espressioni e cioè nella gioia nel dolore, nelle vicende varie, nella normalità, appunto nella quotidianità. Ciò presuppone adesione totale alla fede, conversione del cuore, costante impegno di evangelizzazione verso gli altri, accompagnata da fattiva opera di carità e solidarietà. Il nuovo Santo diceva: «Prima la preghiera, poi l’espiazione, quindi l’azione», in un quadro di «santificazione», che diventa un compito impellente per tutti, clero e laici. Questi assumono una importanza straordinaria nella vita ecclesiale nel perseguire l’ideale della santità compiendo bene i doveri d’ogni giorno nella offerta totale a Dio. È un insegnamento del Concilio, anticipato da Escrivá quando, nel 1928, dette vita alla sua istituzione, l’Opus Dei. Sono pensieri di carattere eminentemente spirituale, ma vanno riproposti perché senza di essi non si comprende il rito che si è svolto domenica e che ha meravigliato tanti, anche coloro che lo hanno seguito in tv in ogni parte del mondo: mai vista tanta folla in analoghe manifestazioni di fede, e tanta compostezza, tanta partecipazione: il senso della preghiera era evidente sia in coloro che stavano più vicini all’altare papale, sia in coloro che, lontani qualche chilometro, dovevano seguire l’evento sui maxischermi.

Ed ora «l’invito alla riflessione», suggerito dall’evento. Dobbiamo riconoscere che sapevamo molto poco della personalità di Escrivá e, forse, non avevamo informazioni del tutto esatte sull’Opus Dei. Del Santo è stata ora messa in evidenza, nell’omelia del Papa, come anche nelle pubblicazioni che sono state diffuse la grande spiritualità, il grande lavoro apostolico che si esprimeva con parole da «grande comunicatore», così semplici, ma così profonde ed efficaci.

Ad uno che gli diceva: «Non vado in chiesa a pregare perché non ho nulla da dire a Dio», rispose: «Tu va in chiesa e dirai a Dio che non hai nulla da dirgli. Anche quella è preghiera, è colloquio».

L’invito alla santificazione universale in tutti gli aspetti e momenti della vita è una intuizione che solo un Santo poteva avere.

E cosa sapevamo dell’Opus Dei? Per diversi anni, sulla scia dei mass-media è stato presentato come una «società segreta», e faceva notizia il fatto che alcuni vescovi lo tenevano a distanza poichè lo ritenevano avulso dalle diocesi e una associazione di cristiani di «élite». Il tempo ha fatto giustizia delle accuse. L’Opus Dei ha reso note le sue costituzioni, ha dato tutte le spiegazioni sui fatti controversi, ha chiarito definitivamente la sua posizione nelle diocesì. E sono universalmente apprezzate le sue opere sociali: le università, gli ospedali. Al rito di domenica erano presenti politici di vari schieramenti. Per l’Italia c’erano uomini di governo e della opposizione.

In quanto al «cristianesimo di élite» la smentita è venuta anche dalla grande folla eterogenea che ha gremito piazza San Pietro e dintorni. Erano presenti uomini di Stato, professori di università, dirigenti di azienda, «colletti bianchi», ma anche l’umile gente venuta dal Centro America e dai Paesi africani più poveri. E tanti tanti giovani: segno evidente che la semina di Escrivá sta dando i suoi frutti.