Con le famiglie dei suoi figli

Dal 1951 la consacrazione alla Sacra Famiglia viene rinnovata ogni anno, con la richiesta che Dio colmi di benedizioni i genitori, i fratelli e le sorelle dei fedeli dell’Opus Dei e che ottenga il loro avvicinamento alla grande famiglia dell’Opera. “Gesù, Maria e Giuseppe hanno fatto sì che passassero le nuvole senza che scoppiasse una grandinata: e ora è tornato il sereno”.

Il Signore scrive diritto anche sulle righe storte

Con il decreto di approvazione definitiva si chiudeva un’altra tappa della storia dell’Opus Dei. Ma l’itinerario giuridico che il Fondatore percorse con i suoi era un continuo andirivieni. Per il momento procedeva tra gli Istituti Secolari, ma era deciso ad allontanarsi dalla compagnia e a proseguire per la propria strada, quando fosse arrivato il momento di ottenere una forma giuridica pienamente conforme alla natura teologica e pastorale dell’Opus Dei. Comunque, in quei giorni l’orizzonte era sereno e san Josemaría si mostrava contento, soprattutto per aver risolto il problema dei sacerdoti secolari diocesani [1].

Tuttavia dalle sue lettere di quel periodo traspare una nota di stanchezza [2].Quando era giunto a Roma, nel 1946, era in ambasce, poiché non sapeva che cosa gli era riservato. Egli dovette combattere fino alla fine dei suoi giorni per farsi strada fra le istituzioni canoniche. Perciò era naturale che la continua tensione spirituale comportasse, oltre a un evidente dispendio di energie fisiche, una più nascosta erosione nell’animo del Fondatore, tanto che egli dovette riconoscere la necessità di “mettere in pratica la virtù della pazienza fino al grado più eroico” [3].La sua vita fu un esercizio ininterrotto di esimia virtù, poiché, per una ragione o per l’altra, non gli mancarono mai occasioni di praticarla, anche quando avrebbe avuto veramente bisogno di riposare.

La convinzione che il Signore scrive diritto anche sulle righe storte gli rimase fortemente impressa come frutto di dolorose esperienze personali ed espressione di una logica divina che non sempre collima con quella umana. Fra i concetti che spesso ripeteva e cercava di insegnare ai suoi figli ve n’è uno particolarmente dolce e amabile: ai genitori dobbiamo la vita “e il novanta per cento della vocazione” [4].Diceva poi che la carità ordinata porta ad amare e a praticare il quarto comandamento, il “dolcissimo precetto del decalogo”.

Il “dolcissimo precetto”

Ebbene, poche settimane dopo l’approvazione definitiva dell’Opus Dei, ricominciarono gli attacchi, togliendo la pace alle famiglie e trasformando il “dolcissimo precetto” in un mare di amarezza[5]. Nel 1950, avendo appena ottenuto dalla Santa Sede l’approvazione definitiva, il Fondatore, come si è visto, credeva davvero che sarebbe cessata l’aggressione all’Opera. Ma si sbagliava. I soliti detrattori tornarono ai vecchi metodi già utilizzati in Spagna, seminando ansia e disorientamento tra le famiglie dei membri italiani dell’Opus Dei. A questo attacco sarebbe seguita una insidia ancora più sottile e poi, dopo che fu fatta naufragare, sarebbe ripartita l’offensiva, senza tuttavia riuscire a impedire la rapida e continua espansione dell’Opera.

Prima di questi avvenimenti, i giovani studenti che frequentavano il Pensionato se ne stavano felici accanto al Padre, che manteneva con le loro famiglie relazioni piene di affetto soprannaturale e umano. Egli desiderava che i genitori dei membri dell’Opera condividessero pienamente il clima di famiglia che regnava nell’Opus Dei. Era meraviglioso vedere l’affetto con cui il Fondatore, in mezzo alle sue occupazioni, cercava di coinvolgerli, dando loro notizie dei figli e chiedendo loro collaborazione e preghiere, affinché sentissero l’Opera come una cosa propria, poiché lo era per davvero.

Con le famiglie dei suoi figli

Questa delicata intimità con le famiglie dei suoi figli traspare anche nelle sue lettere. Eccone una inviata alla madre di Mario Lantini, un anno dopo che il figlio aveva chiesto l’ammissione all’Opera:

“Gentile Signora, ho ricevuto la sua cortese lettera e la ringrazio sinceramente per quanto mi dice e specialmente per le sue preghiere che sono, senza alcun dubbio, il miglior regalo che sia Lei che suo marito possono fare all’Opus Dei e ai suoi membri.

Sono veramente contento della vocazione di suo figlio Mario e ne ringrazio Dio: lavora sempre con la gioia e l’entusiasmo di chi sta servendo il Signore. Vedendo suo figlio è inevitabile che pensi alla bontà dei genitori, ai quali deve in parte la sua vocazione.

Chiedendo loro di continuare a raccomandare al Signore l’Opus Dei, la saluta e benedice

Josemaría Escrivá de B.”[6].

Nelle diverse città italiane

Una volta iniziati dal Pensionato i viaggi apostolici nelle diverse città italiane, anche a Roma era aumentato il numero di persone che entravano nell’Opera.

Nell’aprile 1949, a Roma, aveva chiesto l’ammissione all’Opus Dei uno studente sudamericano, Juan Larrea, la cui famiglia non vide di buon occhio la decisione del figlio [7], forse perché non sapevano che cosa fosse l’Opus Dei, o forse perché tale decisione sovvertiva piani e speranze familiari. Lo racconta lo stesso Juan Larrea:

“All’epoca mio padre era ambasciatore dell’Ecuador presso la Santa Sede e mi disse di parlarne con mons. Montini, Sostituto della Segreteria di Stato. Parlai con mons. Montini, raccontandogli la mia storia e, dopo una lunga e affettuosa conversazione, mons. Montini mi disse: dirò parole di pace a suo padre. Alcuni giorni dopo ricevette mio padre, dicendogli che aveva parlato con Pio XII, il quale gli aveva detto: ‘Dica all’ambasciatore che in nessun posto suo figlio starà meglio che nell’Opus Dei’. Vent’anni dopo, quando ero già Vescovo, ho fatto visita a Papa Paolo VI, un tempo mons. Montini, ed egli mi ricordò amabilmente l’udienza ora descritta”[8].

Diverso fu l’atteggiamento di altri genitori, che si erano opposti alla decisione presa dai propri figli dopo che persone zelanti avevano prima attizzato il malcontento in seno alle famiglie e poi lo avevano trasformato in aperta opposizione, nonostante l’approvazione definitiva ricevuta dall’Opera.

Nell’aprile 1949 aveva chiesto l’ammissione all’Opera un giovane di ventun anni che frequentava Villa Tevere, Umberto Farri. Per desiderio del Fondatore si era recato a Milano nel 1950, per poi fare ritorno a Roma nel novembre del 1951. Nel frattempo suo padre, Francesco Farri, si era messo in contatto con i genitori di altri studenti universitari che avevano chiesto l’ammissione all’Opus Dei e frequentavano Villa Tevere. Tutto avvenne con tale rapidità che il danno causato in alcune famiglie alle serene relazioni tra genitori e figli fu quasi irrimediabile. A un certo punto Francesco Farri, consigliato e orientato dal gesuita padre A. Martini, preparò una nota di protesta, rivolta direttamente a Sua Santità Pio XII. Lo scritto portava la data del 25 aprile 1951 e recava le firme di cinque genitori di fedeli dell’Opus Dei [9]. Ecco parte del testo:

San Josemaría con una famiglia in Spagna. 1972.

“Beatissimo Padre, con filiale fiducia si presentano ai piedi della Santità Vostra ed espongono, i capi di un gruppo di Famiglie, la cui serenità pienamente goduta fino all’anno 1947 è stata successivamente interrotta e turbata da causa veramente grave.

Tale angustiata situazione è stata determinata dal fatto che giovani appartenenti a queste Famiglie (…) sono venuti a mancare: ai doveri verso Genitori e Familiari; taluni di essi, all’adempimento degli studi prima di allora praticati con diligenza e risultato, col conseguente disturbo nella loro preparazione alla vita, alla lealtà e sincerità di condotta nei riguardi dei Genitori e dei Padri Spirituali, retrocedendo dai princìpi umani e cristiani che costituivano ambiente delle loro Famiglie e delle Associazioni religiose da essi frequentate”[10].

La vocazione dei propri figli all’Opus Dei

Più oltre, lo scritto riporta i dubbi dei firmatari sulla vocazione dei propri figli all’Opus Dei, “perché tutto l’avvenuto si è svolto in un’atmosfera che non sembra corrispondere alla lealtà dello spirito di Dio e soprattutto non dà garanzia che l’animo di questi giovani non sia stato artificiosamente portato a decisioni alle quali non erano preparati”.

La loro coscienza di genitori, pertanto – continua il documento –, era oppressa dall’angoscia ed essi erano “preoccupati per la perdita da parte dei figli di valori morali”; essi ritenevano dunque che i membri dell’Istituto Opus Dei svolgessero “opera di proselitismo con procedimenti che non rispondono alle tradizioni di lealtà e di chiarezza della S. Chiesa in questa materia”[12].

“Le Famiglie – termina lo scritto – sperano e domandano di venir consolate in questa situazione che vede la distruzione della loro pace interiore. Esse non intendono opporsi alle legittime aspirazioni e all’eventuale vocazione dei loro figli, ma domandano che essi, ritornati ai loro studi per completarli nell’ambiente normale della loro vita, prendano, dopo essersi consultati con uomini dotti, pii e sperimentati, la loro decisione definitiva. Questo, Santo Padre, domandano istantemente e sperano dalla sua paterna bontà di ottenere. Roma, 25 aprile 1951”. Seguono le firme di cinque persone[12].

San Josemaría con i genitori di un giovane sacerdote irlandese.

Lo scritto è una decisa denuncia e una condanna dell’apostolato dell’Opus Dei e un atto di forte pressione esercitata sul Papa, proprio poco tempo dopo che aveva approvato in modo definitivo l’Opera, perché facesse sentire il peso della sua autorità sovrana.

Tacere, pregare, sorridere e lavorare

Quale fu la reazione del Padre quando lo venne a sapere? san Josemaría, come aveva fatto fin dal 1941, chiese ai suoi figli di tacere, pregare, sorridere e lavorare[13]. Essi, obbedienti, si attennero a questa linea di condotta, mantenendo un completo riserbo sui tristi eventi della persecuzione. Tanto che, per citare un caso, Mario Lantini non parlò mai con nessuno delle proprie esperienze personali finché non arrivò il suo turno di deporre come testimone al processo di beatificazione del Fondatore, trent’anni dopo: “Aggiungo inoltre – dichiarava nel 1983 – che ne parlo oggi per la prima volta e con sofferenza, perché mons. Escrivá ci ha sempre proibito esplicitamente di parlarne, perché non avessimo a mancare alla carità neppure fra di noi, e ciò in conformità a un punto di Cammino (n. 443): “Se non puoi lodare, taci”. Questo fa sì che gli episodi da me vissuti non siano stati conosciuti nell’ambito dell’Opera se non dagli interessati, dal Fondatore e da don Álvaro, allora Consigliere della Regione italiana”[14]. Don Álvaro, a sua volta, ha affermato di non aver udito dal Padre “una sola parola di recriminazione contro coloro che lo diffamavano, neppure nei momenti più duri”[15].

Sotto il patrocinio della Sacra Famiglia le famiglie dei nostri

Il Padre si rifugiò fiducioso nel Signore. Prese un foglietto e scrisse: “Mettere sotto il patrocinio della Sacra Famiglia – Gesù, Maria e Giuseppe – le famiglie dei nostri: affinché riescano a partecipare del gaudium cum pace dell‘Opera e il Signore conceda loro l’affetto per l’Opus Dei”[16].

Nello stesso anno 1951, in una lettera ai suoi figli, fece un resoconto telegrafico del triste episodio:

“Mi piacerebbe ora raccontarvi – scrisse – i dettagli della consacrazione alla Sacra Famiglia dell’Opera e delle famiglie di tutti i membri, fatta il 14 maggio di quest’anno in un oratorio – che perciò è ora intitolato alla Sacra Famiglia – ancora senza pareti, fra i tavolati e i chiodi delle casseforme che hanno sostenuto il cemento delle travi e del tetto finché non ha fatto presa. Ma poiché conserviamo alcune note molto precise, redatte a suo tempo, qui non mi dilungo. Vi basti sapere che, di fronte alle diaboliche macchinazioni – permesse da Dio! – di certi sconsiderati che hanno fatto firmare ad alcuni padri di famiglia un documento pieno di falsità e sono riusciti a farlo arrivare nelle mani del Santo Padre, potevo solo rivolgermi al Cielo. Gesù, Maria e Giuseppe hanno fatto sì che passassero le nuvole senza che scoppiasse una grandinata: e ora è tornato il sereno” [17].

L’aiuto della Sacra Famiglia si notò subito. Due giorni dopo la presentazione della nota di protesta al Sommo Pontefice, uno dei firmatari fece marcia indietro[18]. Gli altri si resero subito conto dell’infondatezza della “angosciosa situazione” di cui si parlava nella denuncia. In seguito, non misero alcuna difficoltà ai propri figli e il Signore riportò la pace nelle loro famiglie. Le accuse presentate al Papa si dimostrarono infondate e caddero da sé e don Josemaría ebbe la profonda gioia di vedere aumentare l’affetto verso l’Opus Dei delle famiglie dei suoi figli[19].

Dal 1951 la consacrazione viene rinnovata ogni anno, con la richiesta che Dio colmi di benedizioni i genitori e i fratelli dei fedeli dell’Opus Dei e che ottenga il loro avvicinamento alla grande famiglia dell’Opera:

“Concedi loro, Signore, di conoscere meglio, ogni giorno, lo spirito del nostro Opus Dei, al quale ci hai chiamato per servirti e santificarci; infondi in loro un grande amore per la nostra Opera; fa’ che comprendano con luce sempre più chiara la bellezza della nostra vocazione, affinché sentano un santo orgoglio perché ti sei degnato di sceglierci e sappiano essere riconoscenti per l’onore che hai reso loro. Benedici in modo particolare la collaborazione che prestano al nostro lavoro apostolico e falli sempre partecipi della gioia e della pace che Tu ci concedi in premio della nostra dedizione”[20].


Il Fondatore dell’Opus Dei, III, Andrés Vázquez de Prada. Ed. Leonardo International, Milano.

[1]- Lettera a José Ramón Madurga e a Patrick Cormac Burke, in EF-500620-6.

[2]- Cfr Lettera a Francisco Botella, in EF-500623-1.

[3]- Cfr ibidem.

[4].- Insegnava ai suoi figli che “il novanta per cento della vocazione lo dobbiamo ai nostri genitori. Sono stati loro spesso a gettare nella nostra vita il seme della fede e della devozione; e comunque dobbiamo sempre a loro l’averci messo al mondo, l’averci educato, l’averci formato dal punto di vista umano” (citato da Álvaro del Portillo, Sum. 1340).

[5]- È uno dei periodi difficili compreso negli anni delle tre consacrazioni dell’Opus Dei (1951-1952). Nel 1971 avrebbe fatto anche una consacrazione allo Spirito Santo, per motivi differenti e in altre circostanze.

[6]- Lettera a Gioconda Lantini, in EF-490705-1.

[7]- Juan Larrea Holguín era nato a Buenos Aires il 9-VIII-1927. Chiese l’ammissione all’Opus Dei come numerario nel 1949. Ecuadoregno, esercitò l’avvocatura prima di essere ordinato sacerdote, il 5-VIII-1962. Consacrato Vescovo il 15-VI-1969 in Ecuador, fu Vescovo Ausiliare di Quito, poi Vescovo di Ibarra, quindi Arcivescovo Coadiutore (26-III-1988) e poi, dal 7-XII-1989 fino al maggio 2003, Arcivescovo di Guayaquil.

[8]- Juan Larrea, Sum. 6026.

[9]- Nella deposizione al processo di beatificazione fatta a Roma da Umberto Farri, teste n. 3, che comprende le sessioni 2-39 (da ottobre 1981 a maggio 1982) non si parla di questi eventi, dato che il teste in quel momento non ne era al corrente. In seguito, egli ritrovò nell’archivio privato della famiglia, ereditato nel 1985, i documenti relativi. Vi è una fotocopia della denuncia inviata al Papa, insieme a una serie di minute del documento, in cui compaiono le correzioni autografe del testo fatte da padre A. Martini S.J. Che questi sia stato il principale consigliere nel corso di tutta questa vicenda è provato dagli originali di tredici lettere da lui inviate a Francesco Farri, tutte firmate, alcune delle quali scritte su carta intestata di vari centri accademici (cfr Archivio Farri, cartella Umberto).

[10]- L’affermazione (“…dei loro Padri Spirituali”) che i giovani in questione ricevessero direzione spirituale prima di avvicinarsi all’Opus Dei fu smentita da loro stessi con una dichiarazione firmata da tutti e cinque.

[11]- Lo scritto fa cenno della contrarietà nei confronti dell’Opus Dei del Cardinale Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova. Stando ai testimoni, invece, il Cardinale, male informato da un padre gesuita e da alcune notizie tendenziose sull’Opus Dei, mantenne un atteggiamento cauto per alcuni anni. In seguito, mentre era a Roma per il Concilio Vaticano II, il Cardinale Siri si incontrò con il Fondatore ed ebbe modo di dirgli quanto lo avesse fatto soffrire il religioso in questione e quanto sarebbe stato felice di poter avere persone dell’Opera nella sua diocesi. Cfr Luigi Tirelli, Sum. 4538; Giacomo Barabino, Sum. 4525; Juan Bautista Torelló, Sum. 5209. Cfr anche lettera di padre A. Martini al signor Farri, 2-XI-1951, in Archivio Farri, cartella Umberto.

[12]- Esposto a Sua Santità Pio XII (25-IV-1951), fotocopia dell’originale in Archivio Farri, cartella Umberto.

[13]- Cfr Francesco Angelicchio, Sum. 3499.

[14]- Mario Lantini, Sum. 3572.

[15]- Álvaro del Portillo, PR, p. 571. Il Fondatore non tollerava alcun commento su questi fatti; lo rileva anche Juan Udaondo, citando il seguente episodio: “Avevo saputo anche, in quei giorni, che il padre gesuita Bellincampi, viceparroco coadiutore della parrocchia romana di S. Roberto Bellarmino e assistente del gruppo scout della medesima, si era sentito ferito dal fatto che alcuni di costoro frequentavano la casa di viale Bruno Buozzi e tre di essi – Umberto Farri, Giorgio de Filippi e Salvatore Longo – avevano chiesto l’ammissione all’Opus Dei. Dispiaciuto com’era, non si risparmiava nel fare dichiarazioni false e calunniose nei confronti dell’Opera e del gruppo di spagnoli, come venivamo chiamati. Un giorno che ero da solo con il Fondatore, mi sfuggì un commento un po’ mordace nei riguardi di padre Bellincampi. Il Fondatore mi fermò subito. Mi corresse con energia perché non avevo saputo mantenere lo spirito che egli ci aveva sempre insegnato, e cioè ‘tacere, scusare, riparare e pregare’; e mi consigliò non solo di pregare per padre Bellincampi, ma di prendere la disciplina e offrire per il religioso una bella serie di colpi” (Sum. 5034).

[16] (41).- AGP, P01 I-1966, p.27.

[17]- Lettera 24-XII-1951, n. 260.

[18]- Con lettera del 27-IV-1951 comunicò a Francesco Farri: “La prego di volermi escludere da ogni iniziativa e dall’adesione data con mia firma allo scritto inerente ai nostri figli e all’Opus Dei”. Cfr Archivio Farri, cartella Umberto, e le dichiarazioni dei figli dei firmatari: RHF, D-15002.

[19]- Ibidem.

[20]- PR, vol. XVII, Documenta vol. II, Opus Dei (Consacrazioni), p. 5. La consacrazione ha luogo in tutti i Centri dell’Opera nella festa della Sacra Famiglia.