Che cosa “combina” un santo dal Cielo?

Quando arrivano in cielo, i santi “non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra". E si servono di favori, grandi o piccoli, che sono strumento di un richiamo di Dio all'anima.

I santi su questa terra sono vissuti per amare Dio e gli altri, imitando Gesù Cristo, che "passò facendo il bene". E quando arrivano in cielo, come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2683), “essi non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra. (…) La loro intercessione è il più alto servizio che rendono al disegno di Dio. Possiamo e dobbiamo pregarli d’intercedere per noi e per il mondo intero".

Pare, infatti, che in cielo Dio conceda loro di continuare la missione che esercitavano sulla terra, e addirittura in modo più fruttuoso. "Dal cielo vi potrò aiutare meglio", diceva San Josemaría alla fine della sua vita, mentre ci chiedeva di pregare perché con “un salto” potesse schivare il Purgatorio.

Avendo lavorato per più di 20 anni con questo santo, ho potuto costatare che aveva ragione. Con una vita vissuta santamente e attraverso i suoi libri, è stato di grande aiuto non solo per coloro che gli stavano accanto ma anche per milioni di altre persone. E dal momento che con il suo salto è arrivato dritto in cielo, il potere del suo aiuto si è moltiplicato, conquistando innumerevoli cuori, con la sua intercessione presso Dio per le loro grandi e piccole necessità. Interessante è che se, per esempio, intercede per una ragazza che ritrova la lente a contatto persa su un autobus, le tocca il cuore per riavvicinarla a Gesù.

Ciò che colpisce maggiormente è che i favori ottenuti attraverso san Josemaría hanno quasi sempre due aspetti: risolvono un problema materiale, e allo stesso tempo mettono luci nel cuore delle persone che a lui ricorrono.

La novità di una verità conosciuta da sempre

La missione che il 2 ottobre 1928 Dio affidò a Josemaría Escrivá, fu quella di fondare l'Opus Dei, cammino di santificazione nel lavoro professionale e nell’adempimento dei doveri ordinari del cristiano. Con Gesù Cristo, il noto panorama di tutti i giorni assume una insperata novità e una insospettata grandezza, perché viene illuminato dall’amore redentore del Signore.

Leggendo le lettere che raccontano di grazie ottenute per l’intercessione di san Josemaría, si notano situazioni di vario genere: dalle padrone di casa alle prese con un piccolo problema domestico, ai tossicodipendenti e a chi è sul baratro del suicidio. Alcune di esse parlano di storie terribili di vite rovinate, all’apparenza senza via d'uscita; altre raccontano di battaglie contro la malattia, di persone che trovano lavoro o ritrovano qualcosa che avevano smarrito. E oltre a ciò, nella maggioranza dei casi si parla di un riavvicinamento a Dio, a volte dopo un’intera vita lontana dalla fede.

Favori molto…ordinari

Che cosa hanno in comune i favori ottenuti per l’intercessione di san Josemaría? Molte cose. In primo luogo, non presentano aspetti "miracolistici": non raccontano fenomeni clamorosi o paranormali, anche se non mancano quelli scientificamente inspiegabili. In particolare, alcune guarigioni straordinarie, dimostrate e comprovate che sono state raccolte e pubblicate in altra sede. Ma in generale, lo ripeto, i favori attribuiti a san Josemaría sono molto, molto… "normali".

Vita di pietà, sì; superstizione, no

Questa realtà coincide esattamente con il messaggio e il modo di essere del fondatore dell'Opus Dei, che era un vero "apostolo della vita ordinaria". Si considerava "poco miracolaio" e rifuggiva tutto ciò che poteva avere del "prodigioso" o del "meraviglioso". In Cammino, il suo libro più diffuso, scrisse: "Non sono «miracolaio». Ti ho già detto che per assicurare fortemente la mia fede mi bastano e avanzano i miracoli del Santo Vangelo” (Cammino, 583). Credeva soprattutto nei miracoli quotidiani dell’Eucaristia, dei sacramenti e della grazia. E dal cielo ci spinge a scoprire Gesù nella vita giornaliera, onde evitare un imprudente affidamento all’intervento divino “per risolvere le conseguenze della nostra inettitudine o per agevolare la nostra comodità. Il miracolo che il Signore vi chiede – diceva in una omelia – è la perseveranza nella vostra vocazione cristiana e divina e la santificazione del lavoro d'ogni giorno: il miracolo di trasformare la prosa quotidiana in versi epici, in virtù dell'amore con cui svolgete la vostra occupazione abituale" (È Gesù che passa, 50).

Questo era anche un tratto del suo comportamento: l’unità tra il vivere di ogni giorno e la fede. Gli sembrava un controsenso ricorrere ai santi per risolvere un problema, e allo stesso tempo condurre una vita lontana da Dio, senza alcun desiderio di pentimento. Atteggiamento che, purtroppo, porta spesso le persone a confondere la pietà con la superstizione.

I santi sono "le braccia di Cristo"

Il Signore conosce le nostre necessità: ci prende sempre per mano. In una chiesa di Münster, in Germania, c'è un grande crocifisso di legno. Un bombardamento aveva distrutto la chiesetta, e tra le macerie fu ritrovato il crocefisso senza le braccia. Sulla Croce fu aggiunta l’iscrizione: “Le mie braccia siete voi". I santi sono le braccia di cui Cristo si serve per aiutarci. E chissà se, riflettendo con questo libro, il Signore sta chiedendo anche a noi di prestargli le nostre braccia!

Fonte: Mons. Joaquín Alonso, Prefazione a Un mondo di miracoli, di Mons. Flavio Capucci, Palabra, Madrid 2012.

Mons. Alonso è stato Consultore teologico della Congregazione per le Cause dei Santi, e per svariati anni è stato uno dei più stretti collaboratori di san Josemaría nel governo dell’Opus Dei.